La famiglia F

Anna Foa
Bari-Roma, Laterza, 175 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2018

«La storia della sinistra italiana è anche una storia di famiglia», recita il retro di co- pertina di questo libro. Nel caso della famiglia Foa le due vicende si intrecciano a tal pun- to da rendere difficile dipanare ciò che appartiene al pubblico e ciò che attiene al privato.
È quanto ci descrive l’a. in una ricostruzione che è insieme narrazione storica, memoria autobiografica e analisi introspettiva. Scritto in uno stile lieve, che spesso ricorda quello di Winfried Georg Sebald (anche La famiglia F. è corredata da fotografie in bianco e nero che fungono da contrappunto alla narrazione piuttosto che illustrarla direttamente), il libro ripercorre l’intero ’900 e le sue passioni politiche attraverso il filtro di questa vicenda familiare.
Dal lato materno vi sono Gregorio Agnini, fondatore della lega dei braccianti in Emi- lia, deputato e presidente nel 1945 della Consulta nazionale, e Vittorio ed Elisa Lollini, lui avvocato militante, lei (figlia di Gregorio) promotrice dell’Associazione per la donna a Roma: ma soprattutto presente nella memoria familiare, e quasi mentore dei Wanderjahre dell’a. Vi è poi Renzo Giua, morto in Spagna a soli ventiquattro anni combattendo contro Franco durante la guerra civile, colui che alla militanza aveva sacrificato la vita.
Più tradizionali gli avi del lato paterno, i Foa-Della Torre, segmento di quel parti- colare mondo ebraico piemontese descritto nel primo capitolo de Il sistema periodico di Primo Levi. Ma, anche da questo lato, vi è un mentore del valore della militanza, Natale Della Torre, lo «zio Natale» di Vittorio Foa, una atipica figura di anarchico rivoluzionario che, per rimanere fedele ai propri ideali, visse di stenti in esilio a Parigi. Ma con la «fami- glia F.» l’a. intende soprattutto Vittorio e Lisa, il padre e la madre, e – in controluce – i suoi due fratelli, Renzo e Bettina.
Usando in contrappunto le memorie autobiografiche dei genitori (Il cavallo e la torre di Vittorio, È andata così di Lisa) e la testimonianza pubblicata postuma di Renzo (Ho visto morire il comunismo) ripercorre le loro vicende politiche e umane, arricchendole di aneddoti, di testimonianze di amici d’eccezione, e poi, a partire dal secondo dopoguerra, con il suo vissuto, mai declamato, ma usato come uno specchio riflettente di percorsi altrui. Tratto saliente di questo percorso corale è l’impegno civile e la passione politica, tale da condizionare anche le relazioni e i sentimenti, e un anticonformismo capace di consentire a questa passione di non incrinarsi di fronte alla fine delle grandi ideologie che hanno segnato il XX secolo.
Forse è proprio questo stesso impegno – che è all’origine del libro – nell’intenzione di non rinunciare a quella «nostalgia del futuro», per usare un’espressione cara a Vittorio (in Passaggi, Torino, Einaudi, 2000, p. 11), che ha contraddistinto quattro generazioni, unite da un’identica dedizione per il bene comune.

Francesca Sofia