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La Grande retrovia in territorio nemico. Bologna e la sua provincia nella Grande Guerra (1914-1918)

Fabio Degli Esposti
Milano, Unicopli, 795 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2017

Questa ponderosa e voluminosa ricerca su Bologna nella prima guerra mondiale si
inserisce nel ricco filone di studi aperto con il centenario e che si avvia alla conclusione.
Tuttavia, non ha nulla della letteratura celebrativa; si tratta invece di una approfondita
ricerca che mette insieme spazi di novità, come l’agricoltura e la mobilitazione industriale
insieme a fenomeni, già abbastanza noti come l’associazionismo civile, le donne e il fronte
interno.
Le donne, come in molte altre parti del paese, si organizzarono nel Comitato di
azione civile che si dedicò a preparare indumenti di lana per i soldati, cucinare nelle cucine
economiche, svolgere assistenza ospedaliera per civili e soldati, assistere i mutilati e gli
invalidi, scrivere ai soldati al fronte per mandare notizie e distribuire conforto. Parallelamente
ci fu un notevole impegno delle autorità civili, soprattutto il Comune, che mise in
piedi una capillare assistenza e potenziò le strutture ospedaliere.
L’organizzazione agricola entrò in grande difficoltà. Già nell’agosto 1914 fu registrata
una prima fase di crisi per il calo delle esportazioni verso i paesi europei. Nel corso del
1916 la situazione peggiorò considerando che circa un quarto degli addetti all’agricoltura,
braccianti e contadini, fu richiamato alle armi. Il 1917 registrò un vero crollo nelle
produzioni: le campagne emiliane furono depauperate anche del patrimonio zootecnico
destinato al consumo dell’esercito. Per fare fronte, all’inizio del 1918, fu elaborato un
piano di mobilitazione agraria che, sul modello di quella industriale, aveva lo scopo di
potenziare la produzione.
La mobilitazione industriale era già stata organizzata a partire dal giugno 1915, controllata
a livello nazionale dal Sottosegretariato per le Armi e Munizioni. In sede locale fu
realizzata una rete del tessuto manifatturiero della regione, non tralasciando alcuna risorsa.
Nel territorio bolognese tutte le imprese medio piccole furono dichiarate ausiliarie e
coinvolte nelle produzioni di guerra. Le maestranze furono assoggettate alla disciplina e al
regime militare. Fu introdotta la manodopera femminile per ovviare alla scarsità di operai:
tutta la produzione fu concentrata principalmente su proiettili e bombarde.
Dopo Caporetto arrivarono a Bologna quasi 60 mila profughi tra civili e militari. La
controffensiva fu il risultato di vari elementi: la mobilitazione agricola, la terra ai contadini,
la propaganda, il ritorno della politica. Nel complesso un’opera di grande interesse
che partendo dalla storia locale non si ferma certo ai confini della municipalità, ma ci
offre uno spaccato degli anni di guerra e dello sviluppo agricolo, industriale, ospedaliero,
politico. Una organizzazione del territorio tesa a supportare il fronte, appunto una grande
retrovia, che però si collocava in una zona «nemica» dominata dal Partito socialista. Un
grande esperimento di coesione sociale destinato poi a manifestarsi in maniera evidente
negli anni del secondo dopoguerra.

Cecilia Novelli