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La modernizzazione in Italia e Lombroso. La svolta autoritaria del progresso (1876-1882)

Pietro Ficarra
Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, XXII-378 pp., € 54,00

Anno di pubblicazione: 2016

Negli ultimi decenni, la storiografia ha dato vita a una feconda stagione di ricerca su
Cesare Lombroso, fondatore dell’antropologia criminale ed esponente di punta del positivismo
italiano ed europeo nel secondo ’800. La scienza lombrosiana resta nondimeno
un costrutto culturale controverso, promotrice secondo alcuni di un tentativo innovativo,
benché fuorviante, di comprensione dei fenomeni della devianza, secondo altri di un rafforzamento
di segno reazionario delle strutture dell’ordine del nuovo Stato nazionale.
La monografia di Pietro Ficarra si interroga sul «lombrosismo» in una prospettiva
storico-culturale originale e di ampio respiro, interpretandolo quale sintomo e veicolo
della crisi del progressismo borghese, dall’età postunitaria in via di distacco dal liberalismo
politico e dagli ideali emancipatori dell’Illuminismo. La ricerca si focalizza sul sessennio
1876-1882, caratterizzato da spinte socio-politiche contraddittorie, culminanti,
parallelamente al fallimento dell’agenda democratizzante della Sinistra, nel coagularsi,
a livello di élites politico-culturali, di un progetto di modernizzazione dall’«alto» della
società italiana, fondato su di una visione in fieri autoritaria dello Stato e volto alla neutralizzazione
di un’ansiogena stagione di conflitto di classe e politico.
Attraverso l’uso di un articolato corpus di fonti, l’a. rilegge la scienza lombrosiana
in questa transizione critica, restituendo l’immagine di un intellettuale borghese vieppiù
pessimista – per quanto riguarda i ceti subalterni – sulla funzione civilizzatrice del progresso,
autorevole artefice della torsione antipopolare della cultura progressista. L’esame si
focalizza principalmente, ma non solo, sull’antropologia criminale, in quegli anni, nella
sua versione originaria, in via di disseminazione. La nuova teorica del delitto, ascritto
alle pulsioni di un subumano da cui la società è chiamata a difendersi, esprime e in pari
tempo rassicura «una soggettività borghese fragile, e [..] nervosa» (p. 338); di particolare
interesse risulta l’analisi dei suoi usi socio-politici, stigmatizzanti le masse popolari e le
loro rivendicazioni a una soggettività autonoma.
Il Lombroso di Ficarra, nonostante l’indubbio pregio della ricerca, sembra tuttavia
una figura eccessivamente unitaria e monolitica. La pellagrologia lombrosiana, altro versante
d’indagine, risulta solo parzialmente inscrivibile nel quadro interpretativo delineato.
Era desiderabile una maggiore attenzione, attraverso l’uso di fonti non pubblicistiche, alle
alleanze concretamente stabilite con gli attori politico-amministrativi della «svolta autoritaria
del progresso». Il «lombrosismo», non esclusa l’antropologia criminale, si sarebbe
del resto caricato di significati politico-culturali alquanto differenti nella Fin-de-Siècle,
segnando una discontinuità che contrasta con la linearità di una tesi così rigida.

Emanuele D’Antonio