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La «nazione indispensabile». Storia degli Stati Uniti dalle origini ad oggi

Stefano Luconi
Milano, Le Monnier, 280 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il titolo La «nazione indispensabile» del libro di Stefano Luconi non costituisce un
semplice riferimento alle parole pronunciate dall’allora ambasciatrice americana alle Nazioni
Unite e futuro segretario di Stato Madeleine Albright in merito al successo statunitense
nella pacificazione della Bosnia di fronte ai fallimenti europei, parole successivamente
reiterate da Barack Obama nel 2014. Intende infatti individuare un carattere
costante della visione della nazione che gli americani hanno avuto e alimentato all’interno
e all’esterno fin dalle loro origini coloniali, per farne criterio di ricostruzione della plurale
Storia degli Stati Uniti dalle origini a oggi – come recita il sottotitolo. Luconi fa così emergere
la voce dei protagonisti della storia nazionale che hanno voluto assolvere al compito
di universalizzare il modello americano: dalla «città sulla collina» esortata dai coloni puritani
contro la corruzione e le persecuzioni religiose europee fino all’americanismo del
’900 connotato in termini di democrazia liberale, liberismo economico e consumo di
massa contro il comunismo sovietico.
Se questa visione espansiva che ha caratterizzato in modo pervasivo l’intera esperienza
statunitense ha stabilito il presunto consenso all’interno e l’influenza diretta o indiretta
di Washington all’estero, l’a. ricorda continuamente al lettore come la storia americana
non sia stata affatto lineare e priva di contraddizioni: schiavitù e segregazione, razzismo ed
esclusione degli immigrati, crisi economiche e disuguaglianze sociali, richiamano i limiti
– quando non le ipocrisie – dell’universalismo americano. Ciò emerge in modo particolare
sul tema della formazione del welfare state statunitense che appare inevitabilmente
in ritardo o limitato, se misurato sul paradigma della cittadinanza del sociologo inglese
Thomas H. Marshall – paradigma a sua volta discutibile se storicizzato all’interno delle
diverse esperienze europee.
In questo senso, una maggiore attenzione alle culture politiche e sociali statunitensi,
alla loro formazione e trasformazione anche in chiave atlantica e transnazionale, al mutevole
sistema politico e partitico da queste alimentato, ai movimenti sociali e politici
che hanno segnato la storia americana avrebbe consentito di considerare la costruzione
del welfare state statunitense non alla luce di un paradigma astratto, bensì dei concreti
rapporti di forza alla base della società e della politica statunitensi. Il libro costituisce
comunque – anche per il prezioso lavoro in appendice, nella quale si segnala l’indice delle
cose notevoli – un utile strumento di insegnamento della storia americana per la notevole
mole di fatti, dati, legislazioni che l’a. passa in rassegna.

Matteo Battistini