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La pace atomica. Ronald Reagan e il movimento antinucleare (1979-1987)

Angela Santese
Milano, Le Monnier, 291 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il volume di Angela Santese presenta i risultati di una ricerca molto accurata sulla mobilitazione antinucleare negli Stati Uniti negli anni ’80 del secolo scorso, intrecciando lo studio della storia dei movimenti sociali con quello della politica internazionale. Come ricostruito brevemente nel primo capitolo, il pacifismo antinucleare ha una storia lunga tanto quanto la stessa era atomica. L’ondata statunitense degli anni ’80 assunse tuttavia dimensioni di massa: nel contesto della crisi della distensione tra le superpotenze e del crescente scetticismo nei confronti dell’atomo (dopo l’incidente alla centrale di Three Mile Island) prese vita la Nuclear Weapons Freeze Campaign, finalizzata a contrastare i piani di riarmo dell’amministrazione Reagan.
Nel corso di quattro capitoli assai ben scritti e sulla base di un’ampia documentazione primaria (sia da archivi governativi, sia da archivi del movimento), il volume segue la dinamica politica messa in moto dal movimento, tra successo di massa e risposte da parte della politica di Washington. In particolare, il terzo capitolo segue gli sviluppi della vicenda sul piano legislativo nel corso del 1983, concentrandosi sui successi ottenuti dal movimento al Congresso (con l’approvazione di una freeze resolution alla Camera), ma anche sui limiti di tali risultati, non vincolanti sulle scelte dell’amministrazione (per esempio sul dispiegamento degli Euromissili, che il movimento non fu in grado di bloccare). L’ultimo capitolo è invece dedicato al riflusso del movimento negli anni 1984-1987, associato, da un lato, alle obiettive sconfitte patite nel 1984 (inclusa la trionfale rielezione di Reagan) e, dall’altro, al mutato registro nei confronti dell’Urss da parte dello stesso Reagan, che arrivò nel 1987 alla firma del trattato Inf e allo smantellamento di un’intera classe di missili nucleari.
Il senso complessivo di tale dialettica è discusso nelle conclusioni, che mettono in luce il rapporto «biunivoco» (p. 224) tra il movimento e l’amministrazione: se per Reagan fu necessario adattare i propri tempi e la propria retorica alla sfida della freeze campaign, anche quest’ultima cercò di rispondere al rifiuto del presidente di dichiarare una moratoria pura e semplice, con la scelta di impegnarsi direttamente nelle presidenziali del 1984. Resta, nelle pagine conclusive, una certa ambiguità sulla dinamica che condusse Reagan al cambiamento di rotta del 1984, che pare essere attribuita in alcune pagine all’ottenimento della desiderata posizione per negoziare from strength, in altre ai condizionamenti imposti dalle rigide risposte sovietiche e dalla stessa opinione pubblica statunitense. Si tratta peraltro di temi su cui la storiografia internazionale si confronta da anni, in un dibattitto al quale il volume di Angela Santese offre un contributo innovativo e importante.

Duccio Basosi