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La questione italiana. Il Nord e il Sud dal 1860 a oggi

Francesco Barbagallo
Roma-Bari, Laterza, 238 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2013

La premessa del volume è nel rapporto con i bilanci suggeriti dagli anniversari, rispetto
ai quali in una ricostruzione di lungo periodo l’a. rivendica il necessario distacco
storico per comprendere «qualche vecchia ragione dei problemi attuali» (p. 6) se si vogliono
contrastare i revisionismi strumentali, a vantaggio di una narrazione in cui la ricerca
scientifica intende riappropriarsi del ruolo di veicolo di conoscenze in un contesto temporale
in cui le nuove tecnologie e il potere mediatico alterano e sovrappongono il rapporto
passato-presente, dando spazio a divulgazioni appiattite sulle polemiche dell’oggi.
L’a. riprende il giudizio condiviso nel dibattito storiografico di un esito non scontato
del biennio 1859-1860, quanto mai imprevisto «dagli stessi, diversi protagonisti dell’impresa
» (p. 24). Alla raggiunta Unità segue l’altrettanto ardua impresa della costruzione
dello Stato-nazione, a proposito della quale viene sottolineato che «la centralità del Mezzogiorno
» «non è stata un’invenzione dei meridionalisti, tanto meno dei meridionali» (p.
220).
Nel volume sono ripercorse le alterne vicende della contrapposizione Nord-Sud
con un accento polemico rispetto ai «molti» che l’avrebbero data «per superata e risolta
trent’anni fa» (p. 6). L’a. si sofferma su quelle che furono e rimangono le tre più proficue
stagioni nell’affrontare il divario: quella dei primi decenni postunitari; quella tra ’800 e
’900 della legislazione speciale e della proposta industrialista di Nitti; quella della costruzione
dell’Italia repubblicana quando fu avvertito come «dovere nazionale» e solidale lo
sviluppo delle aree più svantaggiate del Paese. Gli esiti sfociarono nella positiva congiuntura
degli anni ’50 e ’60, quando i meccanismi dell’economia mista diedero il meglio
rispetto alla «convergenza» della realtà meridionale con i parametri nazionali. Successivamente,
a iniziare dalla metà degli anni ’70, ebbe inizio un’altra fase, più contraddittoria
per il Sud tra ricerca di una crescita autopropulsiva e interventi di spesa pubblica di tipo
soprattutto emergenziale.
L’a. arriva ai giorni nostri, introduce una serie di dati numerici che certificano il
divario e traccia un quadro fortemente critico per il Mezzogiorno pur nel generale clima
recessivo che attanaglia il paese. Rispetto poi a quella che definisce «l’impresa storica» tentata
per «la seconda volta, dopo il fascismo» (p. 190) di negare la questione meridionale,
mi pare che, per quanto riguarda gli studi storici, si sia trattato piuttosto di una stagione
interessante che, senza nulla togliere ai valori del meridionalismo, abbia restituito da
diverse angolazioni una ricostruzione più articolata del Mezzogiorno preunitario e delle
vicende dei 150 anni successivi, facilitando la comprensione di persistenze, incoerenze e
ritardi, ma anche di cambiamenti e spinte in avanti.
Per il futuro è condivisibile la tesi che il territorio meridionale possa diventare opportunità
nazionale per la sua posizione nel Mediterraneo, ritornato a essere snodo cruciale
dei rapporti internazionali.

Maria Marcella Rizzo