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La quinta sponda. Una storia dell’occupazione italiana della Croazia 1941-1943

Alberto Becherelli, Paolo Formiconi
Roma, Ufficio storico dello Stato maggiore della Difesa, 2015, 233 pp., s.i.p

Anno di pubblicazione: 2016

La tesi principale degli aa. si riassume in una domanda: perché una delle occupazione
italiane più impegnative, vaste e dolorose della seconda guerra mondiale (la Jugoslavia
e, segnatamente, la Croazia) sia stata rimossa tanto dalla memorialistica quanto dalla
ricostruzione storiografica per molti anni. La domanda non può tuttavia essere applicata
all’oggi e lo dimostra l’ampia bibliografia utilizzata per questo lavoro: negli ultimi due
decenni abbiamo assistito a un rinnovato interesse verso quelle vicende, anche per merito
dell’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’Esercito che ha messo a disposizione i fondi
e i diari storici della Seconda armata. E non a caso, questo buon lavoro di ricostruzione
si basa in modo più che ampio su tale documentazione, sagacemente incrociata con le
carte provenienti dalla ex Jugoslavia, parimenti oggi più disponibili d’un tempo. Ma di
certo, riguardo al passato, la domanda trova un fondamento e comunque è ancora valida
per altri settori operativi: tanto la Grecia quanto i territori sovietici occupati dalle nostre
truppe attendono ancora una sistematica opera di scavo e di sintesi.
La risposta viene individuata dagli aa. nella più generale rimozione dei crimini compiuti
dall’Italia, favorendo più l’immagine di una nazione vittima che di una nazione
carnefice. Tesi, questa, che viene smentita con obbiettività dagli aa., che presentano gli
atti di barbarie compiuti dalle nostre truppe senza indulgenza ma anche senza enfasi. Atti
esecrabili, in parte – ma solo in parte – giustificabili come reazione dinanzi allo stress e
alla paura generata dalla guerra per bande che subisce l’esercito occupatore. Al contempo
non ci si dimentica dell’opera di contenimento della furia ustaša contro ebrei e serbi.
L’altro tema affrontato è quello del rapporto con il conflitto serbo-croato-musulmano
e la conseguente politica italiana di favorire l’alleanza con le truppe cetniche, irrigidendo
i già difficili rapporti con la Germania. L’occupazione della Jugoslavia diventa
così il paradigma della fragile alleanza dell’Asse, e pare trasparire dai comportamenti delle
alte sfere militari italiane circa la politica d’occupazione la premessa di futuri ribaltamenti
interni (25 luglio) e internazionali (8 settembre).
Il volume si perfeziona con una stimolante Appendice, quasi un’opera a sé, con la
quale gli aa. si inseriscono nel dibattito sulle responsabilità italiane giungendo a una coraggiosa
analisi del concetto di rappresaglia e del suo rapporto con il crimine di guerra.
Ribadendo che gli italiani in Croazia compirono anche crimini, gli aa. cercano di dare
una delimitazione giuridica a una prassi (la rappresaglia «giustificata», distinta dal crimine
di guerra) giudicata di certo «ripugnante», ma ampiamente praticata da tutte le forze in
campo.
In conclusione un volume ambizioso, in taluni passaggi più tradizionale e compilativo,
in altri innovativo, che ha il pregio di inserire l’ormai ricca storiografia sulla Jugoslavia
«italiana» nel dibattito sulle responsabilità delle nostre truppe.

 Marco Cuzzi