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La radio del papa. Propaganda e diplomazia nella seconda guerra mondiale

Raffaella Perin
Bologna, il Mulino, 288 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il volume ricostruisce la storia della Radio Vaticana, dalle origini fino alla conclusione della seconda guerra mondiale. Una lunga vicenda che dal profilo dell’emittente si misura con una serie di questioni analizzate su diversi piani: le fasi del conflitto, le modifiche sul ruolo della propaganda, la trama delle relazioni tra poteri, vertici e competenze. Una ricerca solida e interessante, in buona parte condotta attraverso fonti che riflettono come in uno specchio il tratto di strada compiuto dalla radio del papa.
L’a. ha seguito le tracce delle trasmissioni consegnate a diversi enti, nascoste o dimenticate in archivi in giro per il mondo: palinsesti ricostruiti con paziente tessitura, informazioni messe a confronto, dilemmi, vuoti o silenzi analizzati nel contesto di allora. La struttura è cronologica, dalla cerimonia d’inaugurazione (p. 22) fino alle «parole di gioia per la fine della guerra» nelle dinamiche successive alla liberazione di Roma del giugno 1944 (pp. 270-274). Pagine attraversate da interrogativi profondi sul confronto storiografico, in particolare nella lunga produzione di Giovanni Miccoli. La radio propone contenuti a chi ha voglia e strumenti per poterla ascoltare, a partire dall’utilizzo nella «causa civilizzatrice» (p. 29), nella «campagna anticomunista» (p. 31), nella ripetuta «constatazione che nazismo e comunismo oramai si equivalessero» (p. 36). Colpisce la dimensione globale dei messaggi, le lingue utilizzate, i contesti continentali che entrano in comunicazione in un orizzonte che si amplia progressivamente. Non è semplice aggirare censure e ostacoli, quando tutto sembra passare sotto il controllo di governi che puntano a ridurre e ispezionare il messaggio radiofonico. A fatica la difesa di strade percorribili, fino all’ordine di Pio XII: «Continuare in tutto, in tutta la misura possibile» (p. 50).
Con lo scoppio del conflitto lo scenario si modifica radicalmente. Gli ultimi appelli alla pace lasciano il tempo che trovano, chi ha fiducia nell’autorevolezza del pontefice pensa che sia ancora possibile fare qualcosa per fermare la catastrofe. E la radio amplifica messaggi di speranza offrendo informazioni e analisi per chi è minacciato, esposto alle violenze o in pericolo di vita. Una conferma del livello delle conoscenze rispetto alla tragedia che vive un pezzo d’Europa: denunce sulle condizioni degli ebrei polacchi si affiancano all’indicazione di alleggerire notizie, riferimenti, giudizi che potessero entrare in rotta di collisione con le posizioni del governo nazista. «Fu l’ennesimo reclamo da parte dell’Ambasciata tedesca a far decidere per la sospensione delle trasmissioni sulla situazione religiosa del Terzo Reich» (p. 109). Lo strumento radiofonico permette maggiore libertà e partecipazione nel seguire l’andamento dei fronti: il plauso per l’esito della battaglia di Stalingrado, la marginalità delle notizie sullo sbarco in Normandia, la centralità delle denunce sui bombardamenti che feriscono la città eterna, il sollievo finale per la speranza che prende il sopravvento.

Umberto Gentiloni