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La Repubblica a Mezzogiorno. Gruppi dirigenti e potere locale in provincia di Ragusa (1943-1960)

Giancarlo Poidomani
Acireale-Roma, Bonanno, 352 pp., € 30,00

Anno di pubblicazione: 2013

L’a illustra nella breve Introduzione oggetto e chiave della ricerca. L’oggetto è «La storia della provincia di Ragusa tra il 1943 e il 1960 [che] si intreccia indissolubilmente con la storia nazionale e quella internazionale» e, quindi, dall’anno della caduta del fascismo e dell’inizio della Liberazione al 1960, momento iniziale di quel processo di sviluppo economico passato alla storia come il «miracolo italiano». La chiave della ricerca – dedicata al comune capoluogo e a quelli maggiori, a partire da Modica e Vittoria – è quella proposta in particolare da Giuseppe Barone: la «dimensione urbana [che] è stata a lungo tempo rimossa dalla ricerca storica sul Mezzogiorno contemporaneo» a vantaggio della dimensione rurale (pp. 15-16).
Il volume è suddiviso in cinque capitoli, ma sono i primi due i più ricchi e complessi. Nel primo, Una pace “dimezzata”, viene descritto lo sbarco delle truppe alleate nel ragusano, la guerra, le violenze contro i civili da parte di truppe germaniche e alleate, la caduta del fascismo, l’attività di Amgot, Cln e prefetti fino ai moti contro la leva militare per la guerra di Liberazione, che la popolazione sfiduciata del Regno del Sud non voleva combattere. Nel secondo, Ritorno alla democrazia, si narra della nascita di partiti di massa e movimento separatista, dei sindacati, delle ingerenze prefettizie, della ricostruzione e del ritorno di prigionieri e reduci, delle elezioni amministrative e del referendum, che vide la vittoria della monarchia anche nel ragusano, ma non in modo massiccio come nel resto della Sicilia.
Nel terzo capitolo, Il centrismo, si descrive la vittoria della Dc nelle elezioni locali del 1946, quella del blocco popolare di sinistra alle elezioni regionali siciliane del 1947, con la caduta della Dc e l’avanzata della destra, la nuova vittoria della Dc nel 1948. Il capitolo seguente, Il bianco e il rosso, è dedicato alla riforma agraria, alle rivendicazioni dei braccianti, agli scioperi, alla crisi delle due industrie di asfalti e bitume a capitale inglese e di quella controllata dall’Iri, alla breve illusione della ricchezza per via del petrolio, ai risultati delle elezioni locali e nazionali degli anni ’50 e alla contrapposizione tra area montana e di altipiano, bianca, e la pianura rossa. L’ultimo, breve, capitolo che dovrebbe rappresentare il cuore del volume, Il ceto politico locale, descrive la classe dirigente, per la maggior parte nata con la Repubblica, e ne illustra le caratteristiche (giovane, maschile, colta) anche con numerose tabelle.
Il volume è chiuso da tre pagine di Conclusioni. L’a. riesce a dare prova «di Ragusa […] come la più “italiana” delle province siciliane» (p. 340), ma il commento è affidato più a citazioni bibliografiche che non a un’approfondita analisi dei documenti, a volte riprodotti molto estesamente. L’opera, inoltre, spesso carica di note sulla situazione italiana, manca a volte della necessaria sintesi dei frutti di una lodevole ricerca in archivi locali e nazionali; un po’ debole, infine, l’approccio storico-istituzionale che, secondo il titolo, sarebbe dovuto essere centrale.

Oscar Gaspari