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La “scoperta” dei disoccupati. Alle origini dell’indagine statistica sulla disoccupazione nell’Italia liberale (1893-1915)

Manfredi Alberti
Firenze, Firenze University Press, 286 pp., € 13,90

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L’arco cronologico considerato sta tra la nascita della Società Umanitaria, la prima a realizzare statistiche sulla disoccupazione, e il conflitto mondiale. «Scoperta» allude al dilemma storiografico «scoperta» o «invenzione», risolto dall’a. a favore del primo, perché la disoccupazione fu occultata nel nostro paese, sia per condizioni lavorative per lo più ibride sia per l’intervento di rimedi caritativi. Al centro dello studio ci sono l’immagine della disoccupazione fornita dai lessici linguistici, la sua presenza nel dibattito economico e giuridico, il ruolo dei riformatori a cui si devono congressi internazionali e la creazione dell’Association internationale pour la lutte contre le chômage. Il primo capitolo fa il punto sui filoni a cui appartiene questa ricerca, ossia storia della statistica e labour history. Il secondo tratta delle variabili richiamate dal tema «disoccupazione», in particolare le già menzionate questioni lessicali che segnalano differenze culturali. Significativa quella tra chi parte dal concreto «disoccupato» per arrivare all’astratto, come Inghilterra e Italia, e chi fa il cammino inverso. Altra variabile è quella giuridica, per quanto riguarda sia contratti e tutela dei lavoratori, sia istituti pubblici e privati ad hoc. In Italia una disciplina giuridica del rapporto di lavoro si affermerà molto più tardi. Qui e con approfondimenti in altre parti del volume, viene affrontata la riflessione teorica sulla disoccupazione. L’attenzione dell’a. è soprattutto rivolta al marxismo, sia per la sua personale opzione, sia per il fatto «che nelle pagine de Il capitale per la prima volta veniva riconosciuto il carattere normale e non accidentale o patologico della disoccupazione dei lavoratori» (p. 136). In Italia sono economisti vicini alla scuola storica tedesca, come Carlo F. Ferraris, ad affrontare il tema e a sostenere la rilevazione del fenomeno. La terza parte esamina i dati raccolti dalla Società Umanitaria e quelli dei censimenti, tenendo conto però che la voce «disoccupazione» compare solo nel 1901.
Tra i molti risultati di questa pregevole e premiata ricerca risaltano in particolare: 1. non esiste un’automatica ricezione delle trasformazioni economico-sociali nelle categorie statistiche; 2. quanto al mercato del lavoro, risulta sempre meno sostenibile la tesi che la disoccupazione sia conseguenza automatica dello squilibrio tra domanda e offerta di lavoro, tanto più che il riequilibrio avviene grazie a sistemi di mediazione; 3. c’è un nesso che lega migrazioni interne, emigrazione all’estero e disoccupazione e che attiene alla «natura intrinsecamente pluriattiva, mobile e precaria della vita contadina nell’Italia dell’Ottocento», quando l’attività agricola non solo si combinava con quella manifatturiera, artigianale e commerciale, ma non era né regolare né continuativa; 4. in Italia, come altrove, per la «scoperta» della disoccupazione è essenziale l’organizzazione sindacale sia come guida delle lotte sia come controllo del mercato del lavoro

Dora Marucco