Cerca

La via italiana alla democrazia. Storia della Repubblica 1946-2013

Paolo Soddu
Bari- Roma, Laterza, 290 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2017

La conclusione della «repubblica dei partiti» ha fatto emergere interrogativi di fondo
sull’Italia repubblicana, di cui nell’ultimo quindicennio gli storici hanno proposto ricostruzioni
complessive. In larga misura si tratta di studi dal forte impianto interpretativo,
che tentano di formulare ricostruzioni organiche volte a definire le eredità politiche e
socio-economiche di quella stagione sull’Italia di oggi.
Il libro di Soddu non sfugge a questo impianto, delineando fin dal titolo la chiave interpretativa:
leggere la storia della Repubblica come una «via italiana» alla democrazia. Si
parte dal termine ad quem dal quale è riletta tutta la storia della Repubblica: le elezioni del
2013, dai cui risultati senza vincitori emerge la caducità dei progetti rigenerativi coltivati
dopo l’assassinio Moro. Esse segnano la fine di una lunga fase iniziata sessant’anni prima
– l’a. rifiuta la distinzione tra I e II Repubblica – addensando in sé i limiti del sistema
politico, gli effetti delle mancate riforme istituzionali e la crisi dei partiti.
L’a. si sofferma sulle aporie della vittoria antifascista e sui lasciti del fascismo, visto
come epoca della prima nazionalizzazione, fallita dallo Stato liberale: un punto di vista
molto interessante perché combina continuità e discontinuità fra eredità totalitaria e democrazia
al di là dei tradizionali paradigmi del fascismo eterno degli italiani o della mancata
rivoluzione antifascista. Particolare attenzione è riservata alla Costituzione, centro
propulsivo della vita democratica italiana, imperniata su una democrazia dissociativa con
le sue derive consociative.
Il centro-sinistra rappresenta il maggior sforzo riformatore, teso a coniugare modernizzazione
e giustizia sociale ma fortemente ridimensionato da interessi conservatori,
corporazioni e limiti di classi imprenditoriali incapaci di emanciparsi da un capitalismo
protetto dallo Stato.
Questa dinamica raggiunge il suo acme coi governi di solidarietà nazionale, che
tentano di sostituire la democrazia dissociativa con un progetto che garantisse piena legittimazione
a tutte le forze politiche e aprisse alla loro alternanza: un tentativo fallito per
l’inadeguatezza dei contraenti, l’azione destabilizzante del terrorismo e i vincoli internazionali,
che producono un ritorno esasperato della democrazia dissociativa franata poi tra
il 1991 e 1993.
All’uscita da questa crisi contribuiscono civil servant di varia provenienza e la riorganizzazione
del sistema dei partiti, basata su esperimenti di partito etnico-territoriale e
personale quali la Lega Nord e Forza Italia. L’Italia diventa così un laboratorio di tendenze
poi giunte altrove a mettere in crisi l’universalismo progressista che in varie forme aveva
guidato a lungo l’Occidente. La sperimentazione si amplia nel 2007 con la nascita del
Movimento 5 stelle che, combinando un confuso programma e un populistico attacco
alla casta politica, nel 2013 diventa il primo partito contribuendo alla crisi sistemica
esaminata all’inizio. L’ultimo capitolo – postdemocrazia – apre al presente e lascia aperte
risposte in parte legate a questa attenta ricognizione sulla storia della Repubblica.

Alberto De Bernardi