Cerca

L’America a destra. L’antiamericanismo nella stampa neofascista dal Patto Atlantico alla Seconda Guerra del Golfo

Luca Tedesco
Firenze, Le Lettere, 103 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2014

La linea di sostegno all’Alleanza atlantica stenta non poco ad affermarsi nel Msi degli albori, quando le ferite della guerra sono ancora fresche. Si pensi che nel 1950, come ricorda Luca Tedesco nel suo libro, su un settimanale neofascista neppure tra i più intransigenti Franklin D. Roosevelt viene bollato come «la bieca figura del minorato della Casa Bianca» e collocato «tra i più efferati delinquenti dell’epoca» (p. 31). Tuttavia, circa un anno dopo, il segretario del Msi Augusto De Marsanich decide l’accettazione della Nato: una scelta di campo che non verrà mai smentita, anche se resterà radicata nel mondo neofascista la diffidenza verso gli Stati Uniti, visti non solo come la potenza che aveva abbattuto l’Italia di Benito Mussolini, ma anche come la fonte di uno stile di vita corrotto, improntato all’individualismo e all’edonismo. Il pensatore tradizionalista Julius Evola insisteva spesso su questo punto. Più tardi, dagli anni ’60 in poi, a riscoprire e rilanciare l’avversione all’America sono settori eretici del neofascismo, decisi a innovare il bagaglio culturale di un ambiente assuefatto alle litanie nostalgiche, patriottiche e anticomuniste. Tedesco procede a sprazzi, soffermandosi sulle esperienze più significative. Una è la rivista «L’Orologio», diretta da Luciano Lucci Chiarissi, che negli anni ’60 teorizza una linea ostile tanto agli Usa quanto all’Urss, esprimendo «apprezzamenti perlopiù entusiasti» per il gollismo (p. 34). Un’altra, ben più importante, è la Nuova Destra di Marco Tarchi, nata all’interno del Msi e poi fuoriuscita, che produce pubblicazioni come «La voce della fogna», «Diorama letterario», «Elementi», in sintonia con la Nouvelle Droite francese di Alain de Benoist. Per questa corrente l’America è il nemico principale da battere, alleandosi con il Terzo Mondo, per restaurare la sovranità europea e perseguire un modello di sviluppo alternativo a quello occidentale. Tedesco nota che la Nuova Destra italiana salva qualcosa degli Stati Uniti, per esempio la «cultura aristocratica del Sud» (p. 67), ma sono riserve di scarsa portata rispetto a un’impostazione generale che vede l’influenza americana come assolutamente deleteria e non subisce affatto, anzi combatte con vigore, il fascino di Ronald Reagan.
La Nuova Destra, nata a metà degli anni ’70, viene estromessa dal Msi all’inizio del successivo decennio, ma le sue idee continuano a circolare tra i giovani legati a Pino Rauti, ex leader del movimento oltranzista Ordine Nuovo, che invocano la fine della «servile sudditanza militare» verso Washington (p. 87). Ma quando scoppia la prima guerra del Golfo, alla guida del Msi si trova proprio Rauti, che deve schierarsi a favore dell’intervento occidentale contro l’Iraq per tenere unita la composita maggioranza interna che lo ha portato alla segreteria. Ne consegue un «naufragio» (p. 91) dal quale l’antiamericanismo missino non si riprenderà più, per essere poi liquidato con la nascita di Alleanza nazionale. Oggi sopravvive a destra solo nei gruppi marginali del neofascismo irriducibile.

Antonio Carioti