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L’Associazione magistrale «Nicolò Tommaseo». Storia di maestri cattolici

Andrea Dessardo
Roma, Ave, 292 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il saggio ripercorre la storia dell’associazione magistrale cattolica «Nicolò Tommaeso» nella prima metà del ’900, ponendola nel solco della più ampia storia del movimento cattolico otto-novecentesco.
A fronte dell’assenza di un archivio storico dell’associazione, l’a. ha potuto avvalersi dello spoglio di fonti a stampa (la rivista «Scuola Italiana Moderna») e di fondi documentari (Lazzari, Zammarchi, l’editrice La Scuola di Brescia) effettuato in passato da Luciano Pazzaglia, lo studioso che rimane l’estensore del contributo più significativo sulla storia as- sociativa dei maestri cattolici (L’associazionismo magistrale cattolico: la vicenda della Nicolò Tommaseo, 1999). Dopo qualche sondaggio archivistico (archivio diocesano di Bergamo, biblioteca Palatina di Parma, Isacem) l’a. ha ritenuto fondamentale la consultazione degli organi di collegamento dell’associazione, scegliendo però di non indagare le riviste delle numerose sezioni locali.
Nata da una scissione dell’Unione magistrale nazionale, la Tommaseo avviava la vita associativa proprio negli anni della cosiddetta «crisi magistrale», il periodo di maggior carenza numerica di maestre e maestri sul suolo nazionale, dovuta principalmente alle limitatissime tutele giuridico-economiche della professione: alla rivendicazione di un pro- filo più dignitoso, la Tommaseo affiancava la difesa di valori tipicamente cattolici, quali la scuola libera, la famiglia, la presenza della religione nella scuola.
Pure richiamando il ruolo della presidenza di Micheli (1911-1919) e di Magnocavallo (1928-1930), l’a. si sofferma a lungo sul ruolo di Negretti, che ne resse la segreteria per circa diciassette anni. Deputato del Partito popolare nel 1919 e nel 1921, Negretti viene individuato come «il principale responsabile del cono d’ombra in cui è rimasta a lungo confinata la “Tommaseo”. Egli la rovinò dal punto di vista economico e la compro- mise da quello politico, accompagnandola all’abbraccio mortifero con il fascismo. Ed è probabilmente per questa colpa inconfessabile che dopo la Liberazione, tornata la democrazia, con i cattolici al potere in politica ed egemoni nelle lotte sindacali dei maestri elementari, la memoria della “Tommaseo” non venne coltivata come ci si sarebbe forse attesi. Piacque consolarsi con l’alibi autoindulgente e assolutorio, vero a metà, di un’associazione un tempo gloriosa, strozzata poi dalla deriva autoritaria del regime» (p. 8). Molte pagine sono quindi spese dall’a. nell’intento di spiegare le ragioni che consentirono all’associa- zione, sciolta solo nel 1930, di sopravvivere nel fascismo: in primo luogo, l’assunzione di «posizioni apertamente clerico-fasciste» (p. 206), quindi l’organizzazione di un congresso, a Zara nel 1924, «all’insegna del nazionalismo più sfrenato e di una sperticata esaltazione del fascismo» (p. 211) e, infine, l’influente interessamento del gesuita padre Pietro Tacchi Venturi. Fu così consentito all’associazione di procedere, anche se già nel 1926 la Tommaseo era ormai diventata «un’associazione di catechisti filogovernativi» (p. 234).

Daria Gabusi