Cerca

Laura di Fiore, Marco Meriggi – World History. Le nuove rotte della storia – 2011

Laura di Fiore, Marco Meriggi
Roma-Bari, Laterza, 166 pp., Euro 18.00

Anno di pubblicazione: 2011

Con un errore trascurabile (14 alberi sono troppi anche per la giunca ammiraglia della flotta imperiale cinese) si apre un libro importante per la storiografia italiana, ancora troppo refrattaria alla ricezione di questo ambito di ricerca. Che la pax mongolica tra ‘200 e ‘300 sia stata importante almeno quanto l’Impero romano (p. 101) o che Ghiberti abbia imparato la prospettiva dagli arabi (p. 104) fatichiamo molto ad accettarlo. Eppure dovremmo, se non altro perché l’odierno (e futuro) ruolo economico della Cina tende a mettere in discussione ogni spiegazione culturalista à la Landes dell’ascesa dell’Occidente come svolgimento necessitato e autoreferenziale di individualismo religioso, diritto proprietario, illuminismo scientifico, politica costituzionale. Se fosse vero, Cina e Giappone dovevano restare al livello del «dispotismo orientale». Agli aa., per la verità, questi nessi tra presente storico e World Historynon interessano. Il primo breve capitolo racconta gli antecedenti occidentali di quest’ultima (Toynbee, Spengler, McNeill) anche perché di quelli non occidentali continuiamo a sapere quasi nulla. Il secondo lungo capitolo è un catalogo (come quello di Don Giovanni abbastanza impressionante per quantità) dei cantieri storiografici aperti e quasi sempre trasversali alle periodizzazioni tradizionali: flussi di merci, capitali, tecnologie e persone, scambi e intrecci culturali (ma anche alimentari ed epidemici), interazioni uomo-ambiente. Minimo comun denominatore di questi cantieri (affrontato nel terzo capitolo) è la prevalenza del movimento sul confine: un approccio che mette in luce non solo il carattere dinamico, ibrido e flessibile delle identità personali e collettive, non solo la coesistenza di diverse economie-mondo (accanto a quella governata dopo il 1492 dalle potenze europee), ma anche la capacità di resistenza adattiva dei gruppi umani non occidentali e delle loro originali modalità di vita associata. La globalizzazione non è mai stata (solo) occidentalizzazione del mondo e le civiltà, anziché cancellarsi le une con le altre, negoziano e interagiscono tra loro. Allo stesso tempo non esistono «popoli senza storia»: fuori e prima del contatto con gli europei fioriscono culture, il cui retaggio non cessa di condizionare la modernità, come le nostre truppe amaramente apprendono in Iraq o Afghanistan. Ancora a metà ‘800 erano in vigore 20 trattati commerciali tra Stati europei e Stati africani. Dalla World Historyscaturiscono nuove dimensioni di indagine (Eurasia, Atlantico), nuove concettualizzazioni di categorie classiche (Stato, proprietà e profitto, gender), nuove interpretazioni di vecchi problemi (rivoluzione industriale, schiavitù, colonialismo). In realtà quest’ultimo piano empirico risulta nel libro largamente sottodimensionato rispetto agli altri due (più teorici). Un quarto capitolo (più astratto e ideologico) è infatti dedicato ai nessi contraddittori e ai pericoli di egemonismo tra World Historye storia sociale, storia post-coloniale, storia delle donne. Un’utile appendice di organismi e iniziative scientifiche variamente legate al progetto di una storia globale completa il volume.

Giovanni Gozzini