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Laura Giraudo – La questione indigena in America Latina – 2009

Laura Giraudo
Roma, Carocci, 150 pp., euro 14,50

Anno di pubblicazione: 2009

Il libro sfrutta al meglio le possibilità di una collana come la «Quality paperbacks»: affrontare cioè un tema poco noto in Italia e trascurato dal dibattito storiografico, offrendo un quadro generale della questione, che sia essenziale nelle sue linee guida ma al contempo affronti alcuni nodi e problemi aperti. In quest’ottica il primo capitolo entra subito nel vivo di una questione estremamente delicata, ovvero la definizione semantica di indigeno (tra identificazione culturale e costruzione di uno status giuridico-politico), applicata al contesto latinoamericano. Utilizzando questa cifra, l’a. scava nelle radici storiche del dibattito, partendo dal lascito della stagione coloniale (la categoria sovra-etnica di «indio» contrapposta a quella di «europeo») per approdare alle costruzioni istituzionali della stagione liberale. Rotto il sistema del patronato, si pose infatti con forza il problema della collocazione dell’indigeno nella nazione e in rapporto al tema della cittadinanza. Inizia cosi un percorso nelle maglie del ’900 che correla la genesi degli indigenismi al consolidamento degli impianti statuali. Un pregio del libro è quello di mantenere un buon equilibrio nella complessa pluriculturalità latinoamericana, nonostante la varietà di percezioni del problema (sia in relazione al passato che ai problemi del presente) e le diverse realtà politiche del subcontinente. Qui uno spazio poteva essere dedicato anche agli indigenismi non statali (ad esempio quelli di matrice cattolica e protestante). La seconda parte del libro vira quindi verso la dimensione internazionalista, concentrandosi sull’opera dell’Instituto indigenista intermericano, a partire dalla Dichiarazione di Patzcuaro del 1940. Qui si cela il nucleo della ricerca della Giraudo, che affronta abilmente il dilemma del dualismo tra una necessaria «conservazione delle specificità culturali indigene» e la loro «integrazione nel tessuto politico ed economico delle realtà nazionali e statuali» (p. 40). Si passa così, dopo la crisi d’identità degli anni ’70, ai tentativi di riadattamento dei processi indigenisti al contesto economico neoliberista e globalizzato, tra concrete difficoltà e nuovi spazi di movimento. L’a. presenta poi la prospettiva delle organizzazioni internazionali, concentrandosi sul lavoro dell’Oil (dalla Convenzione 107 del 1957, di taglio «integrazionista», alla 169 del 1989, di tipo «multiculturalista») e dell’Onu (dalla Dichiarazione universale del 1948 all’approvazione della Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni del 2007). La terza parte del lavoro, dedicata alla storia dei movimenti, delle organizzazioni e dei partiti politici indigeni è quella più ripiegata sull’attualità, forse con l’esigenza di spiegare ai lettori la genesi di processi politici ancora in corso, piuttosto che cercare elementi di rottura e continuità nelle forme di mobilitazione. Interessante risulta anche l’ultimo capitolo, incentrato sui nuovi indigenismi che rimettono in discussione concetti quali «costumbre» e «desarollismo», anche attraverso la concreta partecipazione indigena ai processi di riforma costituzionale in corso in paesi come Bolivia ed Ecuador. Utile infine l’appendice cronologico-documentale.

Massimo De Giuseppe