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Le armate del presidente. La politica del Quirinale nell’Italia repubblicana

Marco Gervasoni
Venezia, Marsilio, 173 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2015

Il volume segue il cammino dei presidenti della Repubblica che hanno scandito il
dopoguerra italiano, da Enrico De Nicola a Giorgio Napolitano. Un asse cronologico
percorso dalle biografie ma in realtà segnato dai quesiti interpretativi che l’autore evidenzia
sin dalle prime pagine: una riflessione «sulla potenza del presidente più che sui poteri.
Per potenza, scrive Max Weber “intendiamo la possibilità, che un uomo o una pluralità
di uomini possiede di imporre il proprio volere in un agire di comunità anche contro la
resistenza di altri soggetti partecipi di questo agire”» (p. 9). Il capo dello Stato diventa al
tempo stesso un protagonista di processi storici e un punto di osservazione privilegiato
per seguire i condizionamenti che attraversano le fasi della Repubblica.
Due chiavi di lettura tornano con insistenza mentre la storia del paese scorre sullo
sfondo, dietro le biografie degli inquilini del Quirinale: gli interrogativi sui poteri del
Colle, con la progressiva messa in discussione di un’immagine neutrale e super partes di
quel ruolo centrale (del resto una buona storiografia sugli anni della Repubblica ha già
messo a fuoco la centralità del tema), e in secondo luogo la rilevanza della dialettica (e
dei conflitti) con altri poteri dello Stato. «Un attore politico di primo piano» ben al di là
dei limiti costituzionali e di quelle prerogative che lo consegnano al ruolo di «interprete
della Costituzione e garante dell’unità nazionale» (p. 10). E in effetti colpisce la sequenza
di situazioni che acuiscono il difficile equilibrio tra i poteri dello Stato mettendo sotto
tensione l’architettura istituzionale fino a modificare confini e ambiti condivisi. I presidenti
sono protagonisti di passaggi decisivi, spesso attraversati dalle contraddizioni di
chi interviene per colmare vuoti, indicare possibili soluzioni (significative in tal senso le
pagine dedicate a Pertini e Cossiga).
La diagnosi abbraccia i decenni considerati fin dai primi passi, dalle scelte dell’Assemblea
costituente: «Come in altri passaggi della Costituente, anche qui si arrivò a un
compromesso che difficilmente si può definire virtuoso visto che lasciò indefiniti i poteri
del capo dello Stato, nella convinzione che poi sarebbero stati i rapporti di forza a decidere
» (p. 11). Insistenti i riferimenti periodizzanti a una seconda repubblica che tuttavia
non sembra offrire contesti definiti; anche il ricorso terminologico alla partitocrazia non
sempre dà conto dei condizionamenti delle forze in campo. «Una contraddizione che
rischia di protrarsi, almeno fintantoché non si provveda a riformare la Costituzione negli
articoli relativi ai poteri del capo dello Stato, così da renderlo politicamente responsabile,
secondo il modello presidenziale o semipresidenziale; o finché non si giunga a modificare
la forma della sua investitura e a introdurre l’elezione diretta del presidente, come avviene
del resto in quasi tutti gli ordinamenti repubblicani europei» (p. 15). Temi e questioni che
dai presidenti investono l’insieme della storia del paese, i passi avanti e le battute d’arresto
del lungo dopoguerra.

Umberto Gentiloni Silveri