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Le Camere di commercio italiane in età liberale (1862-1910). Dinamiche istituzionali, rappresentazioni d’interessi e mediazione politica

Carmen Trimarchi
Roma, Aracne, 220 pp., € 13,00

Anno di pubblicazione: 2013

L’a., ricercatrice di Storia delle Istituzioni Politiche presso l’ateneo messinese, analizza, da un punto di vista legislativo e amministrativo, il percorso evolutivo delle Camere di commercio intercorrente tra la legge n. 680 del 1862 e la n. 121 del 1910.
Nell’Introduzione si evidenzia come gli istituti camerali siano stati scarsamente analizzati dalla storiografia italiana perché spesso considerati «troppo di “pertinenza” della storia economica dagli storici delle istituzioni, e troppo “appartenente” alla storia delle istituzioni dagli storici dell’economia» (p. 11). A tale questione si collega anche la difficile collocazione istituzionale delle Camere, emersa sin dall’immediatezza del processo di Unificazione nazionale. Tale ambiguità di ruoli si esemplifica nell’obbligatorietà della costituzione delle Camere di commercio su base provinciale, prevista dalla legge istitutiva del 1862. Da un lato, tale prescrizione entrava in contraddizione con il liberismo economico dei governi della Destra storica, mentre dall’altro poteva spiegarsi come una declinazione in campo economico del processo di accentramento amministrativo scelto dal nuovo Stato unitario (pp. 26-27).
Altri temi centrali del volume sono: la dialettica tra la volontà di controllo del potere esecutivo e i desideri di autonomia delle istituzioni camerali; lo scarto tra la definizione di compiti e competenze delle Camere per via legislativa e le resistenze, di varia provenienza, alla loro attuazione; l’evoluzione in senso «amministrativo» – cioè nel solco di un loro progressivo inglobamento nell’intelaiatura dell’esecutivo a livello locale – delle singole Camere di commercio soprattutto durante l’età crispina. Attraverso l’analisi dei resoconti dei Congressi nazionali delle Camere e degli incontri fondativi di Unioncamere emerge inoltre il carattere disomogeneo, quando non conflittuale, degl’interessi camerali. Da un lato, tali convegni davano alle singole Camere di commercio l’occasione di legittimarsi di fronte al potere centrale, dall’altro potevano palesarsi conflitti col governo – celebre l’opposizione della Camera milanese al protezionismo di Crispi – oppure discrepanze tra istituzioni camerali intraprendenti ed efficienti ed altre più «sonnolente».
L’ultimo capitolo dei quattro che compongono il volume è infine dedicato a misurare il réel administratif (p. 9), l’effettivo funzionamento di un caso specifico, rappresentato dalla Camera di commercio di Messina. Segue, nelle ultime 60 pp., un’appendice che pubblica i due testi legislativi che limitano cronologicamente il volume e una relazione camerale messinese del 1865.
L’a. basa la propria ricerca principalmente sull’analisi di testi legislativi, di relazioni camerali, di fonti provenienti dal fondo MAIC dell’Archivio centrale dello Stato. La narrazione si mantiene aderente alle fonti e alle consolidate interpretazioni storiografiche di riferimento (Romanelli, Malatesta, Acquarone, Mozzarelli). Frequente è il ricorso a citazioni di lunghezza sovente eccessiva, sia in nota, che nel testo

Giovanni Cristina