Cerca

Le due nazionalità della Rus’. Il pensiero di Kostomarov nel dibattitto ottocentesco sull’identità ucraina

Andrea Franco
Roma, Aracne, 580 pp., € 28,00

Anno di pubblicazione: 2016

In anni recenti sono giunti persino in Italia gli echi del dibattito politico ucraino, che si è infiammato sulla gestione della memoria dell’Unione Sovietica e dei partigiani nazionalisti ucraini durante la seconda guerra mondiale. In Ucraina l’uso pubblico e politico della storia si nutre però anche di altri periodi storici, come quello della medievale Rus’ di Kyjiv e dello Stato cosacco di epoca moderna. Si deve quindi accogliere con piacere la pubblicazione di questo volume dedicato all’opera dello storico ucraino Mykola Kostomarov (1817-1885), che contribuì in maniera sostanziale a fondare il mito secondo cui la Rus’ di Kyjiv e i cosacchi sarebbero stati tappe fondamentali della tradizione statuale dell’odierna Ucraina.
Come viene dettagliatamente ricostruito, Kostomarov, assieme ad altri padri della patria come il poeta Taras Ševčenko, fondò la Confraternita di Cirillo e Metodio, che fu una delle istituzioni chiave nella creazione di una retorica nazionale ucraina nel XIX secolo. Dopo aver scontato una pena per questa sua attività, Kostomarov si trasferì a San Pietroburgo durante il più liberale regno di Alessandro II e proseguì a pubblicare importanti pamphlet storico-politici, fra cui anche il celeberrimo Le due nazionalità della Rus’. Franco è un erudito conoscitore della storia ucraina e dell’Impero russo e riesce a raccontare con sensibilità le sfumature del pensiero di Kostomarov che – varrà la pena di ricordarlo – non dava affatto per scontato la creazione di uno Stato nazionale ucraino interamente indipendente, e ragionava in maniera assai complessa sui rapporti fra le emergenti nazionalità dell’Impero zarista, influenzato tanto dalla riflessione del panslavismo, quanto da quella del nascente populismo russo.
L’attenzione prestata alla questione linguistica e alla traslitterazione dell’alfabeto cirillico non ha tuttavia impedito di commettere alcune imprecisioni (come nel nome ucraino della città di Rivne o nella grafia delle parole greche) e ingenuità: per esempio non si capisce perché lo studio di Kappeler sull’Impero multinazionale russo debba essere citato non nell’originale tedesco o nella traduzione italiana, bensì in quella francese. Così pure la decisione di preferire per alcune parole la grafia consolidata italiana (come per la capitale ucraina, sempre riportata come Kiev, al contrario di quanto richiesto dalle attuali norme internazionali) viene poi abbandonata senza spiegazione per la parola «zar» a favore della traslitterazione (astrusa per i non addetti ai lavori) «car’». L’eccessivo desiderio di illustrare il contesto storico e sociale delle azioni di Kostomarov e compagni si manifesta poi in parti introduttive ripetitive e in alcuni casi troppo lunghe (come la prima di quasi 140 pagine), mentre risulta un po’ sacrificata la parte interpretativa, solitamente relegata a pochissime righe.
Nonostante qualche aporia, si tratta comunque di uno studio ben scritto, serio e approfondito, che aggiorna la storiografia italiana alla ricerca internazionale.

Simone Bellezza