Cerca

L’economia mondiale dopo la guerra fredda

Luciano Segreto
il Mulino, 171 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2018

L’a. propone un’agile e ben scritta sintesi dei processi più importanti che hanno
caratterizzato l’evoluzione dell’economia internazionale dopo la fine della guerra fredda
e che hanno coinciso con l’avvento della globalizzazione, con l’entrata in scena di nuovi
competitors globali. La narrazione si basa su un’attenta ricognizione della letteratura più
recente, tanto accademica quanto pubblicistica di alto livello.
Punto di partenza è il fallimento del tentativo di riformare il comunismo sovietico,
che ha aperto la strada a radicali trasformazioni della struttura economica russa, orientandola
verso l’esportazione di materie prime energetiche, per poi spiegare l’emergere dei
nuovi global players asiatici, Cina in testa, la cui crescente interazione con il resto del
mondo, soprattutto non occidentale, spinge l’a. a ritenere che la globalizzazione sia ormai
fenomeno irreversibile, al di là delle scelte di fondo che opereranno nel prossimo futuro
Stati Uniti o Unione Europea. La dimensione demografica dell’Asia e i cambiamenti
culturali ormai diffusi tra le masse asiatiche, in termini di consumi e di comportamenti
imprenditoriali, pongono l’Occidente, culla del capitalismo e della democrazia, di fronte
a sfide che possono implicarne anche la marginalizzazione. Certo, il mondo asiatico non
è riducibile soltanto alla Cina e non tutti i paesi hanno sperimentato felici traiettorie di
crescita in questi decenni, come nel caso del Giappone. Tuttavia, ancora più dell’India, il
cui peso demografico è simile, la Cina si candida a giocare un ruolo di integratore delle
economie mondiali che fino a qualche anno fa era esclusivo appannaggio degli Stati Uniti.
Si pensi ai programmi infrastrutturali che intendono connettere vieppiù la Cina all’Asia
centrale, all’Africa e anche all’Europa.
L’a. dedica un congruo spazio anche ai paesi europei, gli antichi dominatori dell’economia
globale, e riflette sulle difficoltà di una costruzione politico-istituzionale incapace
di giocare un ruolo paragonabile agli Stati Uniti e alla Cina, sul piano del dinamismo
innovativo e su quello politico strategico. Il processo di integrazione europeo ha ottenuto
grandi successi sino alla grande crisi del 2007-2008, quando si sono palesati i limiti di una
situazione in cui mentre la politica monetaria è gestita da un’unica istituzione, la Banca
centrale europea, le politiche economiche sono state lasciate nell’area di competenza degli
Stati. Una situazione di stallo, alle prese con forze euroscettiche sempre più agguerrite,
che minacciano la stessa tenuta del processo di integrazione europeo, come la Brexit testimonia
ampiamente.
La parte finale del saggio è una lucida disamina delle cause e degli effetti della grande
crisi finanziaria, che ha colpito duramente le economie occidentali, in particolare europee.
Se molteplici sono le cause, la crescente deregolamentazione bancaria e finanziaria ha
lasciato aperta la porta a comportamenti molto rischiosi, correlati all’esponenziale finanziarizzazione
dell’economia sulle cui pericolose conseguenze James Tobin aveva messo in
guardia sin dagli anni ’80.

Roberto Tolaini