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L’età costituente. Italia 1945-1948

Giovanni Bernardini, Maurizio Cau, Gabriele D’Ottavio, Cecilia Nubola (a cura di)
Bologna, il Mulino, 424 pp., € 35,00

Anno di pubblicazione: 2017

Obiettivo del presente volume, frutto di un convegno svoltosi presso la Fondazione
Bruno Kessler di Trento dal 6 all’8 luglio 2016, è quello di «isolare alcuni dei principali
elementi che hanno segnato l’età di passaggio tra fascismo e Repubblica per comprendere
in quale misura essa abbia rappresentato un’età autenticamente costituente» (p. 12). Nel
far ciò, si assume l’età costituente come età a se stante nel cruciale periodo di transizione
dal fascismo al postfascismo, cercando, come evidenziato dai curatori, di dare al «concetto
di transizione una piena autonomia concettuale» (p. 8), allontanandosi da visioni
teleologiche e ideologicamente orientate. Tant’è che le ricerche presentate nel volume si
riferiscono a quattro temi principali, «i conti con il passato, la gestione del presente, la
continuità nella rottura, la costruzione del futuro» (p. 13), cercando di scomporre «per
temi e problemi il frastagliato paesaggio istituzionale, politico e sociale dell’Italia che si
appresta a farsi Repubblica» (p. 13). Questi obiettivi fissati dai curatori nell’Introduzione
al volume sono, però, raggiunti solo parzialmente.
Al di là dell’assenza di un indice dei nomi che penalizza la lettura di un volume di
più di 400 pagine, ci sembra che i saggi non colgano tutta la complessità del periodo e,
soprattutto, non affrontino argomenti che in un volume del genere ci si sarebbe aspettati
di trovare. Dei tre paesaggi citati, infatti, «istituzionale, politico e sociale», quello istituzionale
è quasi completamente assente dal volume; un’assenza tanto più grave se si pensa
all’età della costituente, dove appunto si fissarono i principi cardine della nuova convivenza
repubblicana. Nessun accenno alla Consulta, nessun riferimento alla Costituzione,
se non legato al dibattito interno ai partiti su temi molto specifici, nessuno sguardo sulla
transizione nelle istituzioni che, come accennato da Pombeni, rivelerebbe come la scelta
della continuità fosse non «una opzione ideologica, ma una scelta obbligata» (p. 348).
L’aspetto sociale, poi, pur presente, è confinato in un paio di saggi e in misura sostanzialmente
secondaria rispetto al momento politico-partitico, che costituisce il nucleo
principale delle relazioni. Anche in questo ambito, però, sembra ci sia una certa frammentarietà,
trascurandosi culture politiche che animarono partiti e movimenti che, proprio
nel periodo della «transizione costituente», ebbero un ruolo non secondario. Paradossalmente,
la parte più omogenea sembra essere quella che affronta le questioni internazionali,
anche se una riflessione sui rapporti italo-jugoslavi l’avrebbe rafforzata.
Certo, non era facile dare conto di tutte le questioni in campo e senz’altro i curatori
non volevano percorrere strade già battute; ma alcune questioni storiografiche, a parere di
chi scrive, dovevano trovare posto in un libro su queste tematiche.
Tale valutazione, ovviamente, non inficia il valore scientifico di ciascuno dei saggi
presenti nel libro, spesso di notevole spessore. Il volume nel suo complesso, però, non
appare aver colto appieno la complessità e la varietà di questa età costituente.

Andrea Ungari