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L’età delle donne. Saggio su Anna Kuliscioff

Maurizio Degl’Innocenti
Manduria-Bari- Roma, Piero Lacaita, 227 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2017

Perché ancora la Kuliscioff, la «signora del socialismo italiano», per usare uno dei
suoi più noti e stereotipati appellativi, la «dottora» prodigatasi tra la popolazione più povera
della Milano tra ’800 e ’900, già ampiamente biografata? Nelle pagine introduttive,
così come nelle divagazioni storiografiche in Appendice, l’a. motiva l’utilità dell’approccio
biografico per rileggere, da un lato, la stagione giolittiana, e dall’altro per studiare la costruzione
sociale della donna tra XIX e XX secolo, affrancando la figura della Kuliscioff
da pregiudizi e distorsioni, spesso frutto di prospettive interpretative viziate da una forte
impronta militante. Basti richiamare il discutibile dualismo che, in quest’ottica, imputandole
di aver sacrificato il femminismo al socialismo nel sollecitare politiche di tutela
sospette di presupporre una sorta di inferiorità e debolezza femminile, l’ha contrapposta
ad Anna Maria Mozzoni, pioniera dell’emancipazionismo «egualitario» e fautrice del
protagonismo delle donne nella lotta contro lo sfruttamento. Una critica principalmente
alimentata dal suo noto scontro con alcune esponenti di primo piano del milieu emancipazionista
milanese durante la fase di elaborazione, in cui ebbe un ruolo di rilievo, del
progetto della legge sulla tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli, promulgata nel 1902
in una versione riduttiva rispetto a quella proposta dal Partito socialista.
Questo volume smonta la tesi dell’«economicismo» della Kuliscioff, che nel lavoro
individuò la leva sia per colmare le lacune di una cittadinanza ancora incompiuta, sia per
liberare la donna dalla condizione di soggezione nell’ambito della famiglia. Socialismo ed
emancipazione della donna si compenetravano nella sua pragmatica visione della politica
fondata sulla forza dell’organizzazione e sulla mobilitazione consapevole, in cui si creasse
un’uguaglianza reale con i compagni di lotta. Non casualmente contestò pubblicamente
Turati, sostenitore nel 1910 del prioritario obiettivo del suffragio universale maschile,
nel timore che il voto femminile subisse l’influenza delle forze conservatrici. «Nella prospettiva
del consorzio di uomini e donne liberi, la presenza femminile nella battaglia era
imprescindibile» (p. 86): dal 1912 nelle pagine del periodico «La Difesa delle lavoratrici»,
si oppose con forza al gradualismo del diritto di voto limitato e selettivo invocato dal
femminismo sedicente apolitico.
Sottratta al cono d’ombra in cui sono state a lungo immerse le sorti storiografiche
del socialismo riformista, nella figura della Kuliscioff qui si riflettono i diversi aspetti della
complessa vicenda dell’emancipazione femminile, mentre emerge la grande portata del
suo contributo alla mobilitazione politica e culturale, in nome della equivalenza sociale,
piuttosto che della formale uguaglianza, nella quale il trasferimento di «pensiero e azione
nel concreto» ha segnato l’avvio dell’«età delle donne» (p. 187).

Maria Luisa Betri