L’impegno delle mazziniane per l’emancipazione femminile. Il contributo di Elena Ballio

Graziella Gaballo
Novi Ligure, Joker, 136 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il saggio di Graziella Gaballo ha un doppio, importante merito sul piano storiografi- co: da una parte, quello di ricostruire il profilo politico di una figura del primo femminismo italiano, alla quale l’indagine storica non aveva ancora rivolto particolare attenzione; dall’altra, quello di aver proposto un ulteriore approfondimento in merito al ruolo svolto dal mazzinianesimo femminile nella fase di passaggio dalla stagione rivoluzionaria del Risorgimento alla nascita del primo movimento per l’emancipazione femminile. Elena Ballio, da questo punto di vista, appare come un personaggio emblematico, per quanto alcuni aspetti del suo percorso biografico e politico rimangano ancora non chiari, come segnala la stessa Gaballo.
Elena nasce nel 1847 (a Brescia, o a Roma secondo altre fonti) in una famiglia già idealmente orientata al mazzinianesimo; diviene maestra elementare frequentando la scuola normale ad Alessandria e all’età di vent’anni aderisce al Comitato per l’emancipazione delle donne italiane, sorto a Napoli proprio nel 1867. All’incrocio tra Risorgimento nazionale, sostegno alla causa democratica e battaglia per i diritti femminili si colloca questo primo comitato per l’emancipazione femminile dell’Italia contemporanea, che nella sua breve vita trovò corrispondenza tra i nomi più significativi del primo femminismo italiano delle origini: Anna Maria Mozzoni, Gualberta Alaide Beccari, Eleonora Burelli, Elvira Ostacchini e Giovanna Garcea. Quest’ultima dal 1865 era direttrice del primo periodico femminista d’Italia, «La Voce delle donne», mentre di lì a qualche mese Gualberta Beccari avrebbe dato vita al più importante giornale del movimento: il periodico «La Donna», cui Elena Ballio collaborò da subito. In realtà lo studio di Gaballo non si sofferma su alcuni fattori divisivi all’interno del comitato, così come del mazzinianesimo femminile: Gualberta Beccari, ad esempio, che di questo comitato era una delle più illustri aderenti, mantenne un atteggiamento di riserva nei confronti dell’Anticoncilio e delle sue tesi, condividendo piuttosto il punto di vista spiritualista di Giorgina C. Saffi, nella convinzione che la critica alla tradizione religiosa cattolica non dovesse comportare un abbandono della fede.
Un altro aspetto su cui la ricostruzione di Gaballo potrebbe essere ulteriormente approfondita riguarda l’interpretazione da dare alle tesi, condivise anche da Elena Ballio, sulla madre cittadina. Se è, infatti, indubbio che nella costruzione dello Stato nazionale la retorica sulla madre dei nuovi cittadini ebbe ampio spazio anche tra le forze di opposizione, ciò su cui resta da scavare riguarda le diverse declinazioni e ricadute di queste idee, tra la visione emancipativa delle esponenti radicali, da una parte, e la corrente prevalente che ne faceva un magmatico richiamo al ruolo materno, che conduceva a ribadire l’asimmetria di genere esistente.

Liviana Gazzetta