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L’Internazionale degli operai. Le relazioni internazionali dei lavoratori in Europa fra la caduta della Comune e gli anni ’30

Maria Grazia Meriggi
Milano, FrancoAngeli, 223 pp., € 30,00

Anno di pubblicazione: 2014

L’autrice si pone l’obiettivo di studiare «la vita quotidiana» delle Internazionali, rimarcando un aspetto non sufficientemente indagato di queste organizzazioni: le Internazionali come luogo di scambio di esperienze di lavoratori. Meriggi compie, a ben vedere, un passo ulteriore, impegnandosi anche ad approfondire, fin dal primo capitolo, «le relazioni internazionali degli operai senza l’Internazionale» (pp. 15-48). Il terminus a quo della ricerca è collocato, infatti, in corrispondenza della crisi della Prima Internazionale, in seguito alla caduta della Comune di Parigi e al varo, prima in Francia poi in diversi paesi europei, di leggi speciali contro l’Internazionale; provvedimenti che ostacolarono la circolazione di militanti e dirigenti attraverso le frontiere e la presenza stessa di stranieri nei congressi nazionali dei lavoratori. Partendo da spunti forniti, circa sessant’anni fa, da Leo Valiani, il libro mette dunque in luce gli aspetti di «internazionalismo» presenti nei meetings operai fra una Internazionale e l’altra, rilevando come tra i problemi principali che vengono dibattuti in quelle sedi vi siano, per la prima volta, il problema degli operai stranieri e il governo del mercato del lavoro da parte degli operai associati.
Sotto la scorta di recenti studi di Gérard Noiriel, Meriggi osserva come l’immigrazione faccia irruzione nello spazio pubblico europeo fra il 1880 e il 1900. Solo in quegli anni entrò nel senso comune la contrapposizione fra il nazionale e lo straniero. Approfondendo l’analisi, l’autrice mostra come non si trattasse solo di un confronto tra nazionalità diverse; «straniero» era più semplicemente colui che non apparteneva a un determinato mercato del lavoro. Non era necessario varcare una frontiera nazionale per diventare «straniero», ma bastava spostarsi dalla campagna verso la città.
Si giunge così al cuore del libro: gli anni della Seconda Internazionale (1889-1916). Per i decenni a cavallo del 1900, una fonte rilevantissima e spesso trascurata, che Meriggi pone finalmente all’attenzione, è quella rappresentata dal Bureau Socialiste International, e in particolare dal minutier dei rapporti fra il Bsi e i suoi interlocutori, conservato presso la Fondazione Feltrinelli di Milano. All’organismo di coordinamento della Seconda Internazionale rivolgevano richieste e proponevano interrogativi non solo parlamentari, dirigenti nazionali, gruppi politici locali, ma anche nuclei di lavoratori e addirittura singoli militanti.
Per il periodo successivo alla prima guerra mondiale, Meriggi segnala l’importanza del dibattito tra i riformatori del Bureau International du Travail (Bit). Il terminus ad quem del lavoro è rappresentato dal Fronte popolare del 1936 o, più precisamente, dalle battaglie modeste e capillari che ne prepararono la possibilità. Distaccandosi da un filone piuttosto in voga, Meriggi intende evitare «una lettura cospirativa delle attività dei movimenti politici e sindacali comunisti degli anni Venti e Trenta» (p. 180), lasciando il posto a militanti immersi nei movimenti di massa.

Carlo De Maria