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L’interprete di Auschwitz. Arminio Wachsberger un testimone d’eccezione della deportazione degli ebrei di Roma

Gabriele Rigano
Milano, Guerini e Associati, 254 pp., € 22,50

Anno di pubblicazione: 2016

Arminio Wachsberger è stato uno dei testimoni più importanti non soltanto della
deportazione degli ebrei romani, ma della Shoah in generale. Nato nel 1913 a Fiume,
figlio di un rabbino, si trasferì a Roma nel 1936 dopo aver svolto il servizio militare in
aeronautica. Si sposò con Regina Polacco nell’anno successivo ed ebbe una figlia, Clara,
nel 1938.
Tra il 1938 e il 1943 Arminio era riuscito a sopravvivere in maniera abbastanza dignitosa
alle leggi razziali, nonostante tutte le difficoltà che queste imponevano agli ebrei.
Come gran parte dei membri della Comunità ebraica romana, venne sorpreso dalla razzia
del 16 ottobre e, assieme alla sua famiglia, fu portato al Collegio militare, dove rimase
fino al 18 successivo. In questi due giorni Arminio, che parlava perfettamente il tedesco,
venne utilizzato da Theodor Dannecker (il responsabile della razzia) come interprete, una
qualifica che gli permise successivamente di sopravvivere ai campi di sterminio.
Portato ad Auschwitz, scampò alle selezioni (ma non la moglie e la figlia), e fece per
un breve periodo l’interprete per Mengele. Dopo poche settimane fu trasferito a Varsavia,
assieme a un piccolo gruppo di ebrei romani, per lavorare allo sgombero delle macerie del
Ghetto della capitale polacca, distrutto dai tedeschi dopo la rivolta. Nell’estate del 1944
questo Kommando fu spostato da Varsavia verso l’interno della Germania, per evitare
l’arrivo dei russi. Dopo una marcia terribile («eravamo partiti in 6.000. Siamo arrivati in
3.000», p. 128), Arminio e gli altri arrivarono nel campo di Dachau, per essere poi trasferiti
nei vari sottocampi dove si lavorava per la costruzione delle V1 e delle V2. Nell’aprile
del 1945 Arminio fu liberato dagli americani ma rimase a lungo in zona anche dopo la
fine della guerra, collaborando sia nella ricerca dei sopravvissuti sia testimoniando nei
processi contro i suoi aguzzini.
Rientrò in Italia solo nel 1949, dove è vissuto, ricostruendosi una nuova vita e una
nuova famiglia, fino alla sua morte, avvenuta nel 2002.
Gabriele Rigano ha svolto un lavoro veramente notevole sulla base delle numerose
interviste rilasciate da Arminio a partire dal 1947. La ricostruzione delle vicende dell’«interprete
», hanno dato all’a. la possibilità di approfondire e descrivere non soltanto la
biografia, ma anche gli ambienti all’interno dei quali questa storia straordinaria si è svolta.
L’ambiente ebraico di Fiume, la Roma fascista durante le leggi razziali, Auschwitz, le
marce della morte, la liberazione dei campi, sono tutti ricostruiti attraverso l’incrocio e
la verifica delle testimonianze di Arminio con le più ampie fonti documentali possibili. Il
testo si conclude con un elenco delle testimonianze rilasciate da Wachsberger e un lungo
capitolo di riflessione sul ruolo del testimone per la ricerca storica.
Si tratta, in conclusione, di un lavoro non solo estremamente utile per la storia della
Shoah, ma anche un esempio di come si deve scrivere una biografia

 Amedeo Osti Guerrazzi