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L’Italia contesa. Comunisti e democristiani nel lungo dopoguerra (1943- 1978)

Giuseppe Vacca
Venezia, Marsilio, 346 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume partecipa al dibattito storiografico sulla «prima Repubblica» che, con in- terrogativi e tesi sollecitate dall’osservazione del presente, è tornato a essere intenso e fe- condo, offrendo riletture che si avvalgono di maggiore distanza storica e di quanto emerso dalla ricerca scientifica.
Il saggio s’incentra sulle culture politiche e sul ruolo da esse avuto nella società civile e nelle classi dirigenti, con particolare attenzione al «partito nuovo» comunista e al rap- porto fra questo e la Dc.
Il ruolo dei comunisti durante la transizione democratica e costituzionale, l’opera di Togliatti come teorico della «via italiana al socialismo», che rielaborava il bagaglio cul- turale e storico del Pcd’I in una prospettiva rivoluzionaria nazionale, progressiva, e il suo apporto come padre fondatore della Repubblica caratterizzano l’analisi sulla formazione del sistema politico postfascista, nel quale le logiche dell’incipiente mondo bipolare gene- rarono una doppia legittimazione: quella democratica, che accomunava le forze antifasci- ste e costituzionali, e quella al governo, che aveva l’anticomunismo come discriminante.
I vincoli esterni imposti dalla collocazione internazionale del paese e quelli interni costituiscono il paradigma di un’interpretazione sull’«assedio reciproco» fra Pci e Dc che ha caratterizzato la «democrazia bloccata»; sul revisionismo da Togliatti a Berlinguer per il suo superamento; sulle persistenze e resistenze che lo impedirono. L’assassinio di Moro rappresentò «una frattura e un’inversione di tendenza rispetto al trentennio precedente» (p. 316). E non perché Berlinguer perse l’interlocutore con cui gestire il passaggio alla democrazia dell’alternanza, giacché Vacca attribuisce a Moro il proposito di depotenziare il Pci attraverso i governi di «solidarietà nazionale», ma per aver avuto l’effetto di irrigidire il sistema politico, provocandone la crisi successiva.
Gli anni ’70 ricoprono un ruolo centrale per interrogare questi passaggi, dal conflitto economico mondiale seguito allo smantellamento del sistema di Bretton Woods alla fine del modello fordista-keynesiano e del «compromesso felice» fra capitalismo e democrazia; dal terrorismo, ancora poco indagato nei suoi collegamenti internazionali e nell’utilizzo che del partito armato fecero i servizi segreti, ai suoi effetti sul sistema politico.
Si tratta di un decennio che si aprì con discontinuità forti introdotte dal Sessantotto, un fenomeno che fu internazionale e nondimeno collegato alla questione del riformismo e alla storia del centro-sinistra. L’a. affronta le questioni storiografiche relative allo svilup- po e al suo governo, ai limiti di questo, che scontò l’assenza di risorse riformistiche nelle culture politiche e l’assenza di un rapporto «contrattualistico» fra la borghesia capitalistica e il movimento operaio.
Il volume offre, insomma, numerosi spunti di riflessione, con riconsiderazioni sulla storia del Pci e della sinistra e in dialogo con le altre culture storiografiche, come nel caso dei saggi recenti di Agostino Giovagnoli e Piero Craveri.

Valerio Vetta