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L’Italia e il sistema internazionale. Dalla formazione del governo Mussolini alla Grande Depressione

Francesco Lefebvre D’Ovidio
Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, vol. I: 578 pp., vol. II: 1158 pp., € 98,00

Anno di pubblicazione: 2016

In Italia, gli storici delle relazioni internazionali sono stati letteralmente investiti dal dibattitto originato dall’affermarsi, a livello mondiale, di nuove tendenze storiografiche, quali la global history, la world history e la transnational history, in conseguenza di vere e proprie svolte negli approcci scientifici, nelle sensibilità culturali, nei metodi di ricerca e nell’uso delle fonti. Un dibattitto che, però, talvolta, sembra impegnare gli studiosi più a discutere sulle definizioni e sui modi di fare e scrivere la storia, che a studiarla.
Senza fare proclami scientifici o elaborare manifesti storiografici, l’a., continuatore della tradizione storiografica della scuola romana di Storia delle relazioni internazionali, ha fornito un contributo innovativo allo studio della politica estera italiana. Pur riprendendo temi su cui la storiografia aveva già indagato (continuità/discontinuità tra politica estera liberale e fascista; revisionismo/antirevisionismo nella politica di Mussolini, primato della politica interna o della politica estera nelle strategie dei governi fascisti), l’a. affronta l’analisi della politica estera italiana nei primi anni del regime con originalità, ampliando il campo dell’indagine allo studio puntuale e documentato delle decisioni economiche e finanziarie, che accompagnarono e rafforzarono le scelte politico-diplomatiche. Il tema centrale dei due volumi è il mantenimento dell’Italia nel campo dell’Intesa, a cui Mussolini tentò di rimanere ancorato non solo per la difesa dei successi e dei vantaggi ottenuti con la vittoria comune contro gli Imperi centrali, ma pure per la convinzione che l’interesse nazionale, rappresentato anche dalle necessità e dalle convenienze economiche, finanziarie e commerciali, potesse essere meglio tutelato rimanendo legati alle potenze anglo-americane e condividendone la difesa di alcuni punti fermi: stabilità monetaria, importanza della partecipazione al commercio internazionale, conti pubblici in ordine, limitato intervento dello Stato in economia; una scelta che procurò al regime un certo consenso iniziale in alcuni ambienti internazionali.
L’opera non può essere considerata soltanto uno studio di storia diplomatica, anche se tutte le principali questioni della politica estera italiana di quegli anni sono ben ricostruite e sviscerate alla luce di una solida e vasta documentazione di origine diplomatica; né può essere vista come un lavoro di storia economica o, meglio, di storia delle relazioni economiche internazionali, anche se rende conto delle tante variabili economiche e finanziarie con cui il regime fascista fu costretto a confrontarsi. È più semplicemente (ma – ricordiamo – la semplicità è «difficile a farsi») un’opera di storia, ben costruita, articolata e documentata, su un tratto cruciale della nostra vicenda nazionale, in grado di spiegare origini e conseguenze della politica italiana in ambito internazionale durante la prima fase del periodo fascista.

Massimo Bucarelli