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L’Italia giovane dall’Unità al fascismo

Catia Papa
Roma-Bari, Laterza, 239 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2013

Assai ben costruito e ben scritto, il volume analizza attraverso i circuiti associativi la mobilitazione politica e la militarizzazione della gioventù studiosa di inizio ’900, consentendo di meglio comprenderne l’approdo all’interventismo e la plateale attivazione nel maggio 1915. Marcia di avvicinamento monitorata con efficacia dall’interno dei microcosmi dei vari sodalizi, questa percorsa dall’a. è una traiettoria di trasformazioni e scivolamenti, semantici e comportamentali, di cui i giovani sono soggetto e oggetto al contempo: a partire dalla politicizzazione nella crisi di fine ’800 ‒ nell’aggiornamento delle «divisioni ideali ereditate dal Risorgimento» (p. 21) ‒, all’individuazione della causa irredentista e del patriottismo militante come elementi identitari e di coesione, il ceto studentesco nel nuovo secolo interpreta «l’ormai avvenuta trasformazione del concetto di nazione armata di risorgimentale memoria» (p. 49). Vivido passaggio nel racconto quello del 1908, anno di crisi internazionale e di svolta nel quale emerge un lessico profetico che consente di cogliere in nuce il formarsi del registro discorsivo interventista, mentre l’abbandono dell’inclinazione sindacale della classe studentesca e la retorica delle nuove responsabilità nazionali viene testimoniata dalla campagna per l’apertura di un’università a Trieste. Ma è soprattutto nel campo dell’agonismo atletico, dove loisir e militanza patriottica si saldano e amplificano vicendevolmente, che si assiste a pratiche dalla progressiva valenza simbolica ed emotiva: dai battaglioni scolastici, alle palestre e ai convitti come vivai di emulazione e di socializzazione, all’alpinismo, l’a. disegna in modo persuasivo con un ricco repertorio di fonti un itinerario collettivo fatto di adolescenti e giovani borghesi che si muovono sul territorio nazionale, una élite in formazione tra goliardia e politica, un’avanguardia cementata da legami di fratellanza orizzontale che collauda lessici e retoriche destinati ad essere ripresi nel tempo a venire. L’ansia della «prova delle armi» e l’ossessione della viltà ‒ che tanto avevano condizionato anche la gioventù italiana nella prima metà dell’800 ‒, divengono «il grido della giovinezza avvilita e sofferente» che dalle aule scolastiche deve uscire nelle piazze (cit. p. 122), un’esperienza trasversale comune a molte realtà geografiche della penisola nelle quali si attua la conversione della giovane generazione irredentista al nazionalismo imperialista. Ripercorsa in presa diretta, questa militarizzazione delle menti e dei corpi giovani ‒ esponenti di punta di «un corpo nazionale che attendeva ancora un’iniezione di fierezza collettiva» (p. 167) ‒ costruisce il patrimonio del nuovo volontarismo sul quale il saldo controllo degli adulti potrà investirà nel momento delle scelte di campo: è così con dolente empatia che si giunge all’esito della gioventù in armi, l’epilogo per quelle giovani generazioni colte che, «nel preparare volontariamente l’ “olocausto” di sé, […] fornirono alla propaganda per la guerra una delle sue armi più efficaci» (p. 199).

Arianna Arisi Rota