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L’Italia nei rapporti con le Grandi Potenze e l’Impero ottomano nell’età della sinistra storica. Diplomazia, finanza e investimenti ferroviari

Stefania Ecchia
Torino, Giappichelli, 160 pp., € 23,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il lavoro analizza il ruolo dell’Italia, durante il governo della sinistra storica, nei rap- porti con le grandi potenze e l’Impero ottomano con speciale riferimento agli investimenti ferroviari. Il tema è di grande interesse e si inserisce anche in un filone di ricerca che sta conoscendo particolare fortuna nel campo degli studi ottomani in Turchia e non solo: quello relativo alle infrastrutture (ferrovie e telegrafo) e all’impegno finanziario richiesto per realizzarle.
Nell’Introduzione l’a. concentra l’attenzione sul ruolo del Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico ottomano quale perno delle politiche di potenza perseguite dalle maggiori potenze europee rappresentanti dei creditori della Porta, i quali – va ricordato – erano gli unici ammessi ufficialmente a partecipare ai lavori del Consiglio. In ragione dei molteplici interessi rappresentati nel Board, accadeva che all’interno del Consiglio si verificasse una guerra di influenze per il controllo del territorio sotto l’occhio vigile, ma spesso inerme, del sultano. Interessi congiunti di capitalisti e uomini di Stato europei, come nel caso della ferrovia Berlino-Baghdad, indussero l’Impero ad accettare passivamente la creazione di infrastrutture, più rivolte allo sfruttamento capitalista che rispondenti alle esigenze economiche e logistiche del governo ottomano.
L’imperialismo diventa così un elemento centrale nella narrazione. Dal canto suo l’Italia, che non mancò di giocare le sue carte lasciando trapelare una forte e maldestra ambizione, non riuscì a emulare ed eguagliare le forze e le risorse messe in campo da Gran Bretagna, Francia e Germania.
Il volume lascia, tuttavia, perplessi per via di una serie di lacune. In primo luogo, nella narrazione principale rimangono non poche incertezze sul reale collegamento esistente tra il Consiglio e i vari appalti concessi nella regione, specie in rapporto al governo ottomano. Il ruolo della comunità italo-levantina, capace di incanalare profittevolmente un flusso costante di investimenti, in particolare nel settore ferroviario, rimane sostanzialmente sconosciuto. Rimane altresì nell’ombra il ruolo delle grandi potenze nei confronti della politica italiana. Nonostante il titolo rimandi al rapporto esistente, per quanto indiretto, tra Italia e grandi potenze europee, il lavoro di ricerca si concentra esclusivamente sugli archivi italiani. Tale approccio rende la panoramica limitata, vista la grande importanza rivestita, soprattutto dalla Francia, nell’indirizzare i finanziamenti dal Consiglio verso i diversi progetti ferroviari.
Un’ulteriore perplessità è dovuta all’assenza di riferimenti ad importanti studiosi sia di ambito ottomanistico generale (per esempio Suraiya Faroqhi, Erik J. Zürcher, Enver Ziya Karal ecc.), sia del tema trattato (come Ahmet Onur, Sean McMeekin, Ali Yasin Kalabak, Giampaolo Conte ecc.).
In estrema sintesi, il presente lavoro non pare contribuire al dibattito storiografico nel
filone di ricerca trattato.

Melis Nicola