L’Italia racconta Israele. 1948-2018

Mario Toscano (a cura di)
Roma, Viella, 216 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il testo si compone di otto capitoli perché, come spiega Mario Toscano nell’Introdu- zione, ognuno di essi è dedicato a uno di quelli che nell’ultimo saggio Alberto Cavaglion definisce «gli anni in 8» (p. 195). Nel primo capitolo, Toscano racconta il modo in cui è stata recepita nel dibattito italiano la fondazione di Israele (1948). Nei capitoli successivi, invece, vengono ricostruite le principali modalità con cui in Italia si è rappresentato Isra- ele nei successivi decennali della sua nascita, sino, appunto, al 2018. Ovviamente, non ci si limita ad un resoconto del dibattito attorno agli anniversari, ma di volta in volta si ripercorrono le principali questioni legate alla storia israeliana, al conflitto coi paesi arabi, ai rapporti con le popolazioni palestinesi, che nell’occasione dei decennali riemergevano con forza, fondendosi con momenti della politica italiana e facendo sì che il discorso pubblico su Israele prendesse una determinata forma.
Al capitolo di Toscano sul 1948 seguono i saggi di Claudio Brillanti sul primo de- cennale, quello di Alessandra Tarquini sul 1968 e quello di Monica Miniati sul 1978. In questi capitoli vengono prese in esame, specie attraverso le fonti a stampa, le posizioni delle principali forze politiche italiane e quelle dei governi. Il saggio di Pierluigi Allotti sul 1988 considera anche le fonti audiovisive, sottolineando quanto sia stata importante, specie nel racconto dell’Intifada, la narrazione prodotta dai programmi di informazione televisiva. Guri Schwarz, nell’intervento sul 1998, propone un’interessante rilettura della rappresentazione, anche politica, fatta in ambito letterario, segnalando come in tutti gli anni ’90 il mercato editoriale italiano abbia promosso molti autori israeliani (spiccano tra gli altri Abraham Yehoshua, Amos Oz e David Grossman): si è trattato di un passo pro- blematico perché ha contribuito a «“occidentalizzare” Israele e ad “arianizzare” gli ebrei» (p. 161); però, ha conferito tinte meno fosche a uno scenario reso cupo da altri fattori (l’a. segnala in particolare, con piglio critico, la Lettera a un amico ebreo pubblicata nel 1997 da Sergio Romano). Arturo Marzano spiega come il primo decennale del nuovo millennio sia stato caratterizzato anche dal diffondersi dell’islamofobia, oltre che da una nuova for- ma di interesse verso lo Stato ebraico, inteso da un lato come avamposto dell’Occidente contro l’islamismo, dall’altro come Stato di apartheid. Cavaglion, infine, ripercorre le principali tappe di un lungo percorso, indicando tra l’altro il peso «a partire dagli anni Ottanta» dell’altra «scadenza in 8, quella del 1938», che ha contribuito a fornire «nuovi e freschi argomenti al sillogismo dei palestinesi diventati gli ebrei degli israeliani di oggi», ma ha anche «allargato il raggio delle conoscenze» (p. 196).
Temi trasversali, come il ruolo del mondo cattolico, la memoria della Shoah, le rappresentazioni del fascismo, le alterne fortune dell’antifascismo, la (a volte forzata) rice- zione di Primo Levi, solcano molte parti di questo libro ben riuscito.

Matteo Di Figlia