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Lo sviluppo sospeso. Il Mezzogiorno e l’impresa pubblica 1948-1973

Augusto De Benedetti
Soveria Mannelli, Rubbettino, 265 pp., € 17,00

Anno di pubblicazione: 2013

Il libro legge lo sviluppo delle politiche dell’intervento pubblico nel Mezzogiorno soffermandosi sul ruolo centrale svolto dall’Iri e dalle partecipazioni statali. L’a. parte dal dibattito nel dopoguerra – visto attraverso i lavori della Commissione economica per la Costituente – che affronta due filiere di ragionamenti che in seguito s’intrecceranno indissolubilmente: il destino del settore pubblico dell’economia e il problema dell’arretratezza del Mezzogiorno. Prosegue affrontando sia il piano Saraceno, che pose il tema del rapporto tra aumento dell’occupazione e sviluppo del Mezzogiorno, sia il ruolo svolto dalla Svimez – luogo di intelligenza progettuale e direttiva – nella nascita delle politiche meridionaliste d’impronta nettamente industrialista, che assegnarono allo Stato funzioni di sostegno e promozione dell’iniziativa imprenditoriale. Si sofferma poi sulla nascita della Cassa del Mezzogiorno, analizzando il rapporto tra autonomia e dipendenza dalla politica, nell’intreccio tra matrici nazionali (con il ruolo delle tecnocrazie nittiane e della cultura solidarista cattolica) e internazionali (con l’esperienza della Tennessee Valley Authority e il ruolo della Birs).
Centrale nell’economia del volume è la riflessione sulla nascita del Ministero delle Partecipazioni Statali e sui compromessi e le contraddizioni tra finalità pubbliche ed economicità di gestione che caratterizzarono la sua storia. La svolta delle partecipazioni statali e la politica industrialista a partire dal 1957 spostarono sensibilmente a Sud l’asse territoriale dell’industria pubblica storicamente sbilanciato sul Centro-nord, contribuendo ad accorciare tra gli anni ’50 e ’70 la distanza tra le due sezioni del paese, con risultati che però appaiono fragili e instabili. In questo contesto la svolta industrialista del 1957 è letta attraverso il progressivo spostamento del baricentro della legislazione dagli interventi a favore della piccola e media impresa verso quelli a sostegno della grande impresa motrice di base a partecipazione statale, che portò al protagonismo della grande impresa pubblica e alla sostanziale latitanza del capitale privato nel processo di sviluppo industriale del Mezzogiorno. A fare da controcanto a questa storia vincente l’a. propone «l’altra via» della lettura di Ceriani Sebregondi, diffidente nei confronti delle visioni economicistiche e delle politiche dall’alto, consapevole della necessità di un lungo cammino dal basso in cui il ruolo dello Stato sarebbe dovuto essere quello di rimuovere le strozzature del sistema politico e istituzionale che impedivano lo sviluppo delle attività imprenditoriali. Mentre il carteggio tra Luraghi e Petrilli viene presentato come dialogo emblematico tra due protagonisti delle partecipazioni statali sul deragliamento dai criteri di efficienza ed economicità di gestione dell’industria a partecipazione pubblica, le vicende della siderurgia di Taranto e della meccanica di massa dell’Alfasud di Pomigliano svolgono il ruolo di casi di studio e di verifica di una ricerca che propone una lettura organica e completa del rapporto tra impresa pubblica e Mezzogiorno.

Salvatore Adorno