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Lorenzo Mechi – L’Europa di Ugo La Malfa. La via italiana alla modernizzazione (1942-1979) – 2003

Lorenzo Mechi
Prefazione di Antonio Varsori, Milano, Franco Angeli, pp. 240, euro 21,00

Anno di pubblicazione: 2003

Ugo La Malfa appare un oggetto inafferrabile, e la storiografia riflette in larga misura l’antipatia che provocò in vita, ma anche, al contrario, l’apologetica venerazione. La Malfa è stato il più cospicuo rappresentante di una tradizione politica minoritaria (coloro che disprezzano le minoranze la definiscono elitaria), ma fondamentale, perché lucida nel prospettare le tappe della modernità italiana. Ugo La Malfa esprimeva una cultura politica totalmente secolarizzata in un paese che non lo era, e non lo fu nel corso della sua esistenza. Da qui discendeva la sua visione autonoma della politica, che è stata confusa con un approccio inneggiante al pragmatismo. La politica è pragma finalizzata a realizzare un progetto, che in La Malfa si nutriva di una concezione democraticamente inclusiva. C’era, eccome, un modello di democrazia in La Malfa ed era quella delle società occidentali, del capitalismo riformato emerso dalla guerra dei trent’anni del ?900 a partire dagli Stati Uniti e dall’Europa settentrionale. Non era un progetto destinato a scaldare i cuori di un paese immerso nelle religioni politiche, ma era il fuoco riformatore che alimentò la sua presenza nel sistema politico italiano.
In questa prospettiva, in una lettura storicamente meditata della vicenda europea nel Novecento, si inseriva la sua visione dell’Europa, al centro del lavoro di Lorenzo Mechi. Dopo un sintetico profilo sulla formazione, non privo di qualche inesattezza (La Malfa non era laureato in giurisprudenza, anzi consumò presto i suoi interessi giuridici) e di qualche omissione (gli articoli sul «Mondo» di Giovanni Amendola ove era prefigurata la visione di una democrazia europea), Mechi ricostruisce con grande acribia l’azione politica in una prospettiva europea.
Egli ripercorre l’intero itinerario dell’agire europeo di La Malfa, dalla liberalizzazione degli scambi, misura con la quale iniziò forzatamente l’inserimento dell’economia e della società italiana in una prospettiva più larga, al tentativo da ministro del Bilancio di controbilanciare con la presenza britannica il progetto europeo di De Gaulle. Non fu certo uno dei momenti più felici del suo operare, ma si inseriva in una visione nella quale emergeva lo stretto nesso tra la politica interna e la collocazione internazionale dell’Italia. Il suo antigollismo (del generale enfatizzò i caratteri nazionalistici e autoritari) esprimeva insofferenza nei riguardi di quella visione dell’Europa e manifestava strenua opposizione all’emergere di ipotesi analoghe sul piano interno.
Nella polemica tra funzionalisti e federalisti parve non prendere partito, interessato, dopo il fallimento del progetto della CED, all’accelerazione del processo effettivo di unificazione europea, che non fu un vincolo esterno estraneo a una concezione dello sviluppo interno. Fin dall’agosto del 1948 lo aveva chiarito ad Altiero Spinelli: la prospettiva europea era la via attraverso la quale separare ?le posizioni democristiane reazionarie, che desiderano una dipendenza diretta dall’America, da quelle democratiche, che sono per l’unità europea?.

Paolo Soddu