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Loretta Valtz Mannucci – La genesi della potenza americana. Da Jefferson a Wilson – 2007

Loretta Valtz Mannucci
Milano, Bruno Mondadori, IV-302 pp., Euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2007

L’a. ha insegnato a lungo Storia degli Stati Uniti, dapprima all’Università di Lecce, poi alla Statale di Milano. Qui, a cavallo fra gli anni ’70 e gli ’80, ha dato vita al Milan Group in Early United States History, una significativa occasione di incontro e discussione tra studiosi statunitensi, europei e italiani, dalla quale sono passati alcuni dei più importanti storici sociali d’oltre Atlantico come Herbert G. Gutman e Alfred Young. Questo libro riflette la fitta rete di esperienze che Valtz ha costruito nel tempo tra le due sponde, all’intersezione tra storia sociale, politica e culturale, quest’ultima dimensione essendo quella che la studiosa ha finito sempre per privilegiare. Il libro ha per oggetto la progressiva costruzione degli Stati Uniti come grande potenza vista anzitutto dal lato di «mentalità, stile di pensiero, comportamenti», ovvero «tutto un insieme di elementi personali e sociali» che «sottende gli aspetti materiali e istituzionali». Nella convinzione che «per ricostruire la genesi del potere americano dobbiamo allora addentrarci nella storia di quel paese come viaggiatori curiosi, aperti a soffermarci su cose apparentemente frivole e sorvolare su altre che ci vengono indicate come ?monumenti”». È un «viaggio» che «inizia nei primi anni dell’Ottocento in un paese fragile – aggrappato all’Atlantico – ancora scosso dallo scandalo di un vicepresidente appena assolto dall’accusa di alto tradimento» (p. I).Quasi trecento pagine dopo, al capodanno del 1919, ritroviamo gli Stati Uniti «certamente Potenza, ma con modalità, remore e idiosincrasie innate che li differenziavano dai modelli tradizionali e che avrebbero reso arduo ogni percorso sia per loro stessi sia per tutti gli altri paesi e popoli» (p. 287). Valtz rimescola costantemente le carte tra alto e basso, grandi vicende e piccoli episodi dimenticati, «padri fondatori» e oscuri «militi ignoti», senza mai perdere di vista «neri, indiani, lavoratori, i cui propositi e le cui visioni della realtà sono fondamentali nella formazione delle civiltà del paese, anche – o particolarmente – quando vengono compiuti sforzi coscienti, incruenti o violenti, per risospingerli ai margini del discorso nazionale» (p. II).Il risultato è una narrative fluida e avvincente, nella quale, ad esempio, l’evoluzione del nazionalismo USA viene restituita attraverso la ricostruzione, nell’arco di oltre un secolo, dalla guerra del 1812 all’intervento nella Grande guerra, dell’immagine dello zio Sam (pp. 21, 50, 193, 275). In pochi, efficaci tratti, Valtz ripercorre gli usi che ne sono stati fatti, gli attori concreti che quell’immagine hanno proposta, gli interessi e la passioni che essa ha servito e animato. E anche se talvolta il libro risente di un mancato confronto con la storiografia più recente (ad esempio rispetto al leader populista William Jennings Bryan o alla stessa nozione di «impero»), esso conserva nondimeno una sua cifra di indubbia originalità.

Ferdinando Fasce