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Loris Marcucci – Dieci anni che hanno sconvolto la Russia. Da Gorbacev a Putin – 2002

Loris Marcucci
Bologna, il Mulino, pp. 160, euro 11,00

Anno di pubblicazione: 2002

Il libro di Marcucci è un’agile e vivace ricostruzione delle vicende della Russia dalla perestrojka ai nostri giorni. Rispetto ad altri lavori apparsi di recente sul medesimo tema, si segnala per l’equilibrio di giudizio e la serenità dell’approccio a questioni ancora al centro di forti controversie. L’autore prende esplicitamente le distanze dalle tendenze a parteggiare pro o contro Gorbacev e El’cin, le due personalità dominanti la scena russa fino a ieri. Entrambi vengono visti come i protagonisti di un fallimento, se si confrontano le loro ambizioni con i risultati ottenuti: fallimento di due diversi progetti di ?riforma dall’alto? delle istituzioni e dell’economia, accomunati dall’illusione di far leva sul potere per introdurre rapidi e radicali cambiamenti nella società. L’impronta culturale della tradizione autoritaria russa ha segnato il limite autentico di entrambe le esperienze. Tuttavia, Marcucci riconosce sia alla perestrojka, sia al cambiamento post-sovietico il merito di aver aperto la strada a una trasformazione sociale più lenta ma profonda, la faticosa nascita di un senso della cittadinanza e l’emergere di una coscienza dei diritti che possono relegare nel passato la vecchia configurazione dei rapporti Stato-società.
Il giudizio sulla transizione russa del passato decennio è severo, ma non catastrofista. I vistosi limiti democratici del nuovo presidenzialismo, le infondate aspettative sulle virtù taumaturgiche della ?mano invisibile? del mercato, l’inconsistenza della regolazione giuridica dei rapporti economici, la privatizzazione ?bolscevica? e l’influenza della criminalità organizzata, la navigazione a vista circa gli obiettivi stessi del cambiamento: sono tutti aspetti messi in evidenza in modo sintetico ma efficace. In particolare, l’autore pone l’accento sul disorientamento psicologico, sulle diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza, sul trauma generazionale generati dal passaggio all’economia di mercato. Ma la cartina di simili sconvolgimenti non è colorata solo da tinte scure: se la divisione della società in due tronconi e l’emarginazione di una parte molto ampia della popolazione dall’accesso ai consumi presentano ancora oggi aspetti drammatici, un nuovo dinamismo e un percepibile spirito di libertà e di iniziativa si fanno strada, specie dopo il superamento della dura crisi del 1998. Il nuovo protagonista della scena russa, Putin, si trova così a gestire un’eredità ambivalente. L’epoca delle scelte radicali è ormai alle spalle. Ma la transizione va avanti. Visto da molti come l’uomo destinato a restaurare l’autorità dello Stato, Putin non ha esitato a usare la forza bruta in Cecenia ed è apparso uno strenuo centralizzatore del potere. D’altro lato, egli si è anche presentato come un riformatore moderato, cosciente delle esigenze di stabilizzazione, di coesione e di neutralizzazione dei sentimenti più estremi diffusi nel paese, mentre nella politica estera è apparso come il leader che sta portando al punto di non ritorno l’integrazione della Russia nel sistema internazionale. Tuttavia, osserva conclusivamente Marcucci, la riforma più importante sarà avvenuta quando non vi sarà più bisogno di ricorrere ai tratti personali del leader per avanzare una prognosi sul futuro del paese.

Silvio Pons