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Luca G. Castellin – Ascesa e declino delle civiltà. La teoria delle macro-trasformazioni politiche di A.J. Toynbee – 2010

Luca G. Castellin
Milano, Vita e Pensiero, 293 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2010

Pubblicato nella collana «Relazioni internazionali e scienza politica», il saggio rivisita l’opera di Toynbee in un’ottica disciplinare idonea a integrare fruttuosamente il lavoro degli studiosi che da qualche anno ne hanno intrapreso la rilettura per impulso di una maggiore consapevolezza della sua rilevanza storico-culturale e della crescente voga della world history. Ambizione dell’a. è di evidenziare l’attualità che il riorientamento impresso alla riflessione politologica sull’ordine internazionale dagli scenari del mondo post-bipolare conferisce ad elementi essenziali della proposta teorica toynbiana – le categorie di «civiltà» e di «contatto tra civiltà», la sottolineatura del persistente policentrismo dell’Ecumene occidentalizzata, il riconoscimento della centralità della dimensione religiosa -, riscattandola dal discredito in cui era caduta in un clima culturale ostile alle sue pretese olistiche.L’a. si mostra ben conscio del ruolo giocato da Toynbee nella veste di analista principe di Chatham House, ma pur attingendo alla Survey of International Affairs fissa l’attenzione sul cantiere aperto di A Study of History per procedere ad una nitida analisi del suo sistema teorico, secondo una linea ricostruttiva che forse non rende piena giustizia all’unitarietà della visione sinottica dello sviluppo umano cui Toynbee affidò il compito di corroborare le proprie opzioni etico-politiche. La parte preponderante del volume è così dedicata alla trattazione toynbiana delle leggi della politica internazionale, delle componenti strutturali della storia universale (Stati, imperi, civiltà, religioni), dei meccanismi della dinamica «civilizzazionale», delle quattro fasi del ciclo delle civiltà, delle risposte degli «Altri» all’espansione dell’Occidente, cui fa seguito la rassegna delle posizioni assunte da Toynbee verso i mutamenti della politica mondiale dal primo dopoguerra alla guerra fredda.Di particolare pregio appaiono le pagine sulle «minoranze creative» – una nozione che l’a. riesce a sottrarre ai passati fraintendimenti. Meno soddisfacente è invece il tentativo di contestualizzare la personalità di Toynbee, che lascia nell’ombra fonti cruciali del suo atteggiamento verso il mondo internazionale (gli English Pluralists, il panbritannismo, l’idea imperiale). Nel discutere il rapporto di Toynbee con la religione l’a. cede a un’ansia classificatoria e trascura il dato saliente, che è la sua fedeltà alla tradizione del latitudinarismo anglicano. La spiegazione della «(s)fortuna scientifica» (p. 58) del pensiero toynbiano pecca di eccessiva indulgenza, perché sottovaluta l’arcaicità delle sue premesse metastoriche, ancora legate al teleologismo sette-ottocentesco. Tra le fonti adoperate è assente l’edizione ridotta del magnum opus apparsa nel 1972, in cui Toynbee affiancò al «modello ellenico» un «modello cinese» e la sua riflessione sul futuro globale si arricchì del concetto di comunità diasporiche.Nondimeno, il libro centra l’obiettivo di stimolare un nuovo interesse per la figura di Toynbee, e merita l’augurio di trovare lettori attenti anche tra gli storici contemporanei.

Teodoro Tagliaferri