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Luciana Brunelli, Giancarlo Pellegrini – Una strage archiviata. Gubbio 22 giugno 1944 – 2005

Luciana Brunelli, Giancarlo Pellegrini
Bologna, il Mulino, pp. 473, euro 30,00

Anno di pubblicazione: 2005

Il 22 giugno a Gubbio, in seguito all’uccisione di un ufficiale medico e al ferimento di un sottotenente (entrambi della 114a Jager division) compiuto da una pattuglia di gappisti nel centralissimo Caffè Nafissi, i soldati del medesimo reparto rastrellano alcune decine di persone e ne fucilano quaranta per rappresaglia. Il libro rappresenta una compiuta ricostruzione dell’episodio, forse sin troppo corposa, vista la scelta di inserire nel testo ampi stralci di documenti, sì che il fluire della narrazione ne risulta oltremodo viziato.
Nella prima parte, Brunelli ci introduce al ?prima’, al contesto eugubino tra l’8 settembre 1943 e il giugno 1944, mostrando il progressivo sfacelo delle istituzioni, l’emergere del vescovo Ubaldi come punto di riferimento per la comunità; la progressiva sedimentazione dell’antifascismo clandestino e dei primi nuclei partigiani (la Brigata San Faustino), il ?primo tempo’ della repressione nazista, con i rastrellamenti del marzo 1944 che assumono già come lecita la prospettiva di una violenza diretta anche contro i civili.
Nella seconda parte, Pellegrini affronta invece la dinamica della strage e il suo peso nella memoria della città successiva al 1945, e si misura con la questione della ?responsabilità?, analizzata lungo un duplice versante. Il primo lo conduce all’individuazione del reparto tedesco che ha compiuto il crimine e degli ufficiali responsabili della catena di comando. Si affronta così il tema della ?mancata giustizia?, con una tempistica affine a quella di molti altri episodi: un’inchiesta del SIB inglese, le carte trasmesse al governo italiano e poi insabbiate, un processo celebrato con ben poco costrutto in Germania alla metà degli anni Sessanta; la riapertura del procedimento alla metà degli anni Novanta in conseguenza della scoperta del cosiddetto ?armadio della vergogna?, l’archiviazione per il decesso dei responsabili. Il secondo versante, invece, porta Pellegrini a riflettere sul comportamento dei gappisti che hanno compiuto l’azione al Caffè Nafissi, e quindi su quelle fratture della memoria ? disposte qui non solo lungo l’asse pubblico/privato, ma anche all’interno della stessa galassia partigiana ? tipiche delle comunità colpite dalla violenza stragista. I manicheismi à la Todorov sono tenuti a debita distanza, e troviamo allora un’analisi serena ? ma non per questo meno critica ? intorno ai tempi, ai modi e alle finalità che portano i partigiani a ?marcare uno spazio’, in città, in un momento estremamente convulso; e anche sulle difficoltà, sull’inesperienza e quindi, certo, sugli errori di una resistenza che, nell’intento di ?liberare’ un centro abitato prima dell’arrivo degli Alleati, per costruirsi un capitale politico da spendere all’indomani della Liberazione ma anche per contendere il territorio alle truppe tedesche in ritirata, così come richiesto dallo stesso generale Alexander, capisce sulla propria pelle ? e, ahimé, in ritardo ? come l’occupante, proprio dal giugno 1944 in avanti, abbia ormai mollato gli ormeggi, tracciando la rotta della tolleranza zero verso la presenza stessa dei ?banditi’.

Gianluca Fulvetti