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Luciano Patat – Percorsi della memoria civile. La Resistenza nella provincia di Gorizia – 2005

Luciano Patat
s.i.l., Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, pp. 225, e

Anno di pubblicazione: 2005

La questione del confine orientale è ormai divenuta uno degli oggetti storiografici che più frequentemente ricorre nelle periodiche polemiche che incendiano le cronache e che trovano riconoscimento e spazio sia in iniziative a livello istituzionale (con la creazione della Giornata del ricordo) che a livello di comunicazione di massa (la mai abbastanza vituperata fiction Il cuore nel pozzo, realizzata dalla televisione pubblica nel 2005). In queste ricorrenti polemiche, incentrate di volta in volta sulle foibe (e relativa incerta contabilità delle vittime), sull’esodo italiano dall’Istria e Dalmazia (con la medesima incertezza sulle dimensioni quantitative del fenomeno) o sul ?collaborazionismo? dei resistenti italiani con le formazioni jugoslave, portatrici di istanze espansionistiche, rimane sempre sullo sfondo, come in fondo richiede questo uso spregiudicato delle vicende storiche, l’aspetto storiografico, il necessario ritorno alle fonti e ai fatti.
Certamente l’insieme delle vicende militari al confine orientale mostra una tale complessità che può, in qualche modo, scoraggiare un approccio più meditato e approfondito. Non solo per la dimensione temporale allargata ? il territorio di confine diviene oggetto di contesa strategica già dal momento dell’invasione italiana della Jugoslavia nella primavera del 1941 ? ma anche per la pluralità di contendenti in campo, fascisti, tedeschi, resistenti sloveni comunisti, partigiani osovani, domobranci, belaguardisti per giungere ai cosacchi e ai cetnici serbi.
In questo contesto i partigiani delle Brigate Garibaldi ?Buozzi?, ?Gramsci? e ?Picelli?, ?Trieste? e ?Fratelli Fontanot? giocarono il loro ruolo decisivo, non solo sul piano militare, ma anche ricostruendo uno spazio politico per la presenza italiana in un territorio conteso fino all’ultimo giorno di guerra (e dopoguerra).
Il tutto su un confine ?mobile? dove le stesse suddivisioni amministrative mutano, dove la sovranità italiana, limitata prima dell’invasione, si espande su territori storicamente di radici slave per annullarsi poi, dopo l’8 settembre, con il passaggio dell’intera zona sotto la potestà nazista del neocostituito Adriatische Künstenland.
Di questa complessità rende perfettamente idea il volume di Luciano Patat, riconducendo proprio al territorio l’articolazione del racconto di vicende così complesse e sanguinose (oltre 3800 in totale le vittime fra civili, militari e resistenti nella provincia di Gorizia). Con una serie di 70 schede geografiche si ripercorre la vicenda bellica della provincia goriziana, esempio perfetto di confine ?mobile?, dalle prime vicende ancora antecedenti il crollo dell’8 settembre fino alla ritardata entrata in Trieste della Divisione Garibaldi Natisone il 20 maggio 1945. Un’imposizione da parte jugoslava che il volume, pur non rientrando nella categoria dei saggi storiografici, avrebbe fatto bene ad approfondire, magari ripercorrendo in maniera più esplicita, durante tutti i venti mesi di lotta, i rapporti non sempre semplici e univoci tra le Brigate Garibaldi e il IX Korpus jugoslavo.

Massimo Storchi