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Lucy Riall – Garibaldi. L’invenzione di un eroe – 2007

Lucy Riall
Roma-Bari, Laterza, XXXIV-608 pp., Euro 28,00 (ed. or. New Haven, 2007)

Anno di pubblicazione: 2007

Immediata traduzione dall’inglese di un volume di ricerca importante, che contribuisce a dare sostanza al bicentenario di Garibaldi. Parte del senso del lavoro si gioca sulla parola «invention-invenzione» – come già con i fortunati studi di Hobsbawm e Ranger sulla «invenzione della tradizione». Per centinaia di pagine laboriose, simpatetiche – e di godibile lettura – Lucy Riall raduna un ampio campionario sulla fortuna di Garibaldi in Italia, in Europa e nel mondo. Fatti e rappresentazioni, costruzione progettuale ovvero uso pubblico del personaggio e innamoramenti di donne, uomini e folle, tutto appare in persuasivo equilibrio. Solo al termine del capitolo IX – Nascita degli eroi italiani – l’a. sente il bisogno di differenziare la propria posizione da George M. Trevelyan, un capostipite della illustre schiera di risorgimentisti otto e novecenteschi di lingua inglese, di cui lei stessa è erede. Per lui, infatti, «la ?leggenda garibaldina” era vera». Per lei invece «la ?leggenda” non può essere considerata ?vera”»: «il culto di Garibaldi fu in realtà concepito, costruito e divulgato con cura, e il suo scopo fu di sostenere, promuovere e giustificare un processo di violento e rapido mutamento di regime» (p. 324). Qualcosa forse ci sfugge di questo distinguo, che sembra schematizzare in forma di dualismo uno straordinario e riuscitissimo intreccio di spontaneità e costruzione. Nessun dubbio, peraltro, che questa vi sia: che già prima del ’48 Mazzini investa sulle potenzialità di questo personaggio; che Garibaldi ne sia consapevole; che Dumas père e una schiera di giornalisti e romanzieri si impadroniscano di lui e delle sue gesta producendo un efficacissimo impasto di cronache avventurose e romanzate per un pubblico interclassista allargato. Una moltitudine di biografie improvvisate entra in circolazione, assieme a stampe, quadri, foto, inni e canti. Qui intervengono i nuovi mezzi della cultura di massa – decisivo il telegrafo – rispetto a cui il «prodotto» Garibaldi ha la fortuna di presentarsi al momento buono e di prestarsi con compiacenza a recitare la parte dell’Eroe: bello e buono, audacissimo e saggio, idealista e innamorato; un compendio di virtù che neanche D’Artagnan e i nuovi personaggi dei romanzi d’appendice, che accompagnano il decollo della stampa popolare. Con la prerogativa, in più, che i Moschettieri e gli altri eroi da romanzo te li devi sognare, e questo è un eroe vivente, lo puoi incontrare, molti testimoni raccontano di avere parlato con lui e sentito quanto è affabile; e non mancano, come in Inghilterra nel 1864, i raduni di centinaia di migliaia di persone per dar corpo alla vivente leggenda. Il repertorio è capillare, Riall non si ferma al senso complessivo dell’ondata, offre ragguagli analitici e li incastona in un efficace racconto del racconto. L’estasi dei corrispondenti del «Times» – al seguito della seguitissima e spettacolarizzata guerra del ’59: non vanno in scena solo i protagonisti più scontati, i Mille – giunge a segnalare che Garibaldi ha «una sana carnagione inglese» (p. 228); e che in «quel nobile volto [?] non vi è traccia di ferocia o di una natura selvaggia» (p. 229).

Mario Isnenghi