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Luigi Balsamini – Gli arditi del popolo. Dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze fasciste – 2002

Luigi Balsamini
Casalvelino Scalo, Galzerano, pp. 277, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2002

Il volume punta a ricostruire e analizzare la storia degli Arditi del popolo, la prima forma di resistenza armata organizzata che si oppone alla violenza fascista negli anni della sua affermazione, offrendo un contributo a un capitolo della storia dell’antifascismo militante per molto tempo trascurato dalla storiografia italiana.
Il libro si compone di due parti. Nella prima si ripercorrono, per sommi capi, le origini dell’arditismo, dalla guerra sino alle travagliate vicende che portarono alla formazione dell’Associazione Nazionale degli Arditi del popolo e all’opposizione allo squadrismo. Largo spazio viene quindi lasciato all’esame dei rapporti con le diverse componenti dello schieramento antifascista, a cominciare da comunisti e anarchici. Parte integrante dell’opera è una raccolta di materiale documentario (essenzialmente foto) peraltro già utilizzate in altri volumi. L’opera di Balsamini affronta l’indagine dell’arditismo popolare e rivoluzionario privilegiando gli aspetti ideologici e, soprattutto, politici, inserendosi in un filone di studi che, con gli importanti contributi di Cordova, Grispigni, Rossi e Francescangeli, ha fatto nuova luce sull’argomento. In effetti, le posizioni assunte dall’autore riguardo ai principali nodi interpretativi sono sostanzialmente riconducibili a tali lavori. Si pone in risalto il ruolo avuto, nella crisi dell’immediato dopoguerra, da quella parte dell’arditismo che ruppe con il fascismo, avvicinandosi alle organizzazioni di massa del proletariato, in opposizione con quegli studiosi che, come Rochat, ridimensionano tale apporto. In relazione alle finalità politiche degli Arditi, questione centrale dell’opera, se da un lato non si attribuisce valenza rivoluzionaria al movimento, viene comunque accettata, pur con alcune differenziazioni nella valutazione del ruolo e dell’effettiva incidenza che esercitarono, la tesi sostenuta da Rossi e Francescangeli, che nell’esperienza degli Arditi del popolo individuano l’unico serio tentativo di contrapporsi allo squadrismo. Nell’indagine dei motivi del limitato seguito che l’organizzazione degli Arditi riscosse nello schieramento antifascista è ancora più evidente il riferimento a posizioni note. Si evidenzia la contrarietà manifestata dai nuclei dirigenti dei partiti popolari, i socialisti riformisti “per rifiuto della violenza politica e dell’autorganizzazione proletaria” (p. 156), i comunisti perché legati “ad un’analisi del reale incastonata in griglie ideologiche” (p. 178), con la sola significativa eccezione degli anarchici, i quali, per l’autore, “dimostrano invece di comprendere la necessità che il proletariato non si trovi disarmato e disunito di fronte al montare della reazione” (p. 262). Se il quadro complessivo risulta abbastanza ben delineato, questioni essenziali per la comprensione di taluni significativi aspetti rimangono un po’ marginali (rapporti con il futurismo, con l’esperienza di Fiume, rapporti tra i dirigenti del movimento, in modo particolare tra Secondari e il resto della dirigenza, riferimenti alla fine dell’esperienza di lotta armata), mentre era forse necessario, soprattutto se ci si riferisce all’esame dei rapporti con le altre forze antifasciste, un più approfondito lavoro di indagine sulle fonti archivistiche. In ultima analisi, il volume, pur costituendo un utile contributo per completare la ricostruzione di una vicenda sotto molti aspetti controversa, non apporta tuttavia rilevanti novità rispetto a quello che è, al momento, lo “stato dell’arte”.

Angelo Bitti