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Luigi Cavazzoli, Stefano Siliberti – La sete di pace. Clero e fedeli della diocesi di Mantova nella seconda guerra mondiale – 2005

Luigi Cavazzoli, Stefano Siliberti
Reggio Emilia, Diabasis, pp. 320, euro 21,40

Anno di pubblicazione: 2005

?Una sete di pace durata cinque lunghissimi anni? viene documentata con il ricorso a documenti conservati nel fondo Menna dell’Archivio storico diocesano di Mantova. È una antologia accurata e ben sistemata anche dal punto di vista informativo di diari parrocchiali, di appunti sparsi, molti dei quali del vescovo di Mantova, mons. Menna, di lettere da lui indirizzate a sacerdoti e cappellani militari o da essi ricevute per tutto l’arco della seconda guerra mondiale. Ci sono gli elementi di quella che gli autori definiscono ?sete di pace?: il tormento di fronte alle prospettive della guerra, la sofferenza da essa inflitta a tutta la popolazione, la tragedia dell’ultimo biennio; ma soprattutto il disagio del clero chiamato a sostenere la causa fascista e le sorti della guerra in una congiuntura che lasciava poche illusioni e che in ogni caso inaspriva nei perdenti la volontà di imporsi con la prepotenza e con l’arbitrio più feroci. Sulla traccia di un storiografia che sta ripensando il senso della Resistenza e dell’intera vicenda nazionale nel tramonto del fascismo, gli autori propongono una documentazione che dovrebbe valorizzare esperienze non direttamente politiche e militari, dando testimonianza di rifiuti d’ordine morale e di comportamenti ispirati a un’etica cristiana intrinsecamente incompatibile con l’ispirazione profonda del fascismo e della guerra.
Nel saggio introduttivo Luigi Cavazzoli (studioso noto e apprezzato della realtà mantovana nel secondo conflitto mondiale) e Stefano Siliberti (sacerdote e parimenti apprezzato studioso della storia del territorio e delle sue tradizioni religiose) estendono questa interpretazione a un ambito che tocca l’intera realtà della Chiesa cattolica italiana. Zelo comprensibile in anime pie, anche se molto discutibile alla luce delle correnti acquisizioni storiografiche. Ne viene infatti un fraintendimento complessivo di tutti gli atti compiuti dai sacerdoti, un allargamento indebito ? e in fondo irrispettoso ? delle loro intenzioni. Non si può ignorare come la massima parte delle scelte che irritano il fascismo (lo conferma anche la documentazione qui presentata) deriva dalla ferma volontà di tutelare il ruolo e la libertà della Chiesa e dei suoi sacerdoti, senza alcuna intenzione di mettere in discussione i presupposti etico politici del fascismo, se non appunto sotto il profilo della tutela della dignità e della libertà della Chiesa. Sete di pace non può essere identificata con la difesa dei diritti di Roma se non nell’ambito di un’apologetica di stretta osservanza cattolica. E se poi, come giustamente ricordano gli autori, tanti sacerdoti si sono prodigati durante la guerra per la salvezza e la tutela dei più deboli, ciò non può che confortare anche chi è estraneo alla loro fede. Poiché dimostra che, al di là dell’apologetica, c’è un territorio di sentimenti e di azioni ancora da approfondire e comprendere.

Luigi Ganapini