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L’università nei primi quarant’anni della Repubblica italiana, 1946- 1986

Luciano Governali
Bologna, il Mulino, 341 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2018

L’a. presenta una ricerca coraggiosa e per molti aspetti pionieristica. Nel generale interesse per la storia universitaria conosciuto in Italia nell’ultimo ventennio, infatti, il riferimento all’età repubblicana è stato finora episodico, limitato a contributi specifici su questioni ben delimitate e/o singole sedi e aree disciplinari, e spesso lasciato all’interesse di cultori di discipline non storiche, col rischio di un appiattimento dell’analisi sulle po- litiche pubbliche degli ultimi anni.
Il lavoro di Governali dà spazio a una ricostruzione documentaria di ampio respiro, in cui i dibattiti parlamentari e la produzione normativa si accompagnano alla ripresa di alcune delle voci più significative del dibattito pubblico e alle prese di posizione dei pro- tagonisti della vita universitaria, in particolare quelle delle associazioni di docenti e stu- denti. Il risultato è una disamina che individua i caratteri specifici di diverse stagioni della politica universitaria nazionale. In primo luogo, si sottolinea il sostanziale immobilismo degli anni ’40 e ’50, pur in un momento in cui il consolidamento delle nuove istituzioni democratiche richiedeva una ridiscussione dell’assetto autoritario della gestione dell’istru- zione superiore ereditato dal fascismo. Tale inerzia, da cui in fondo traspariva la difficoltà di molti operatori universitari a uscire dai pregiudizi di fondo su selezione e qualità degli studi che avevano animato la riforma Gentile, venne interrotta solo intorno al 1960 con il significativo impatto dello studio Svimez sulle esigenze di «capitale umano» dello sviluppo economico italiano. La rilevazione, il cui valore generale Governali ridimensiona alla luce degli sviluppi successivi, individuando un eccessivo ottimismo e la fiducia nel modello di crescita basato sul manifatturiero, era comunque all’avanguardia a livello internazionale, ed ebbe il merito di innescare un dibattito sulla necessità di aumentare il numero dei laureati e la rispondenza della loro preparazione alla società moderna, in luogo delle po- sizioni generalmente conservative fino ad allora dominanti. Fu infatti negli anni ’60 che si conobbe il più genuino sforzo riformatore, in una stagione destinata però a chiudersi con scarsi mutamenti e a lasciare spazio, dalla metà degli anni ’70, a percorsi di intervento legislativo più tormentati, culminati nel d.p.r 382/1980 e nella traduzione del diritto allo studio universitario nell’apertura di nuove sedi accademiche in provincia. Alla luce di questo percorso di lungo periodo l’a. vede la radice dei ritardi e delle storture che ancora oggi caratterizzano l’università italiana, e che anche le ultime riforme non hanno in alcun modo intaccato.
Come tutti i lavori d’insieme su un terreno ancora così poco dissodato, il volume può presentare scelte discutibili nel considerare le opinioni circolanti e nei tentativi di in- terpretazione delle decisioni degli attori politici, ma resta comunque un punto di partenza imprescindibile per ricerche ulteriori.

Andrea Mariuzzo