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Luride, agitate, criminali. Un secolo di internamento femminile (1850- 1950)

Candida Carrino
Roma, Carocci, 147 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il libro ricostruisce le dinamiche di internamento femminile attraverso un case-study preciso: quello del manicomio di S. Maria Maddalena di Aversa. Le fonti sono costituite principalmente dalle serie di cartelle cliniche, ma anche dai registri di matricola e da documenti amministrativi di vari natura; particolarmente originale la periodizzazione in quanto lo studio giunge fino agli anni ’50 del ’900, sottolineando così come l’introduzione degli psicofarmaci abbia rappresentato una sorta di spartiacque periodizzante.
Istituito per volontà di Gioacchino Murat nel 1813 e affidato a Giovanni Maria Linguiti, un sacerdote che mette in opera il modello di Pinel e di Esquirol, l’istituto segue per alcuni aspetti un trend generale che va verso un irrigidimento della disciplina interna e l’acquisizione di un ruolo sempre più repressivo nei confronti di comportamenti percepiti come abnormi.
La prospettiva è dichiaratamente quella della storia delle donne; a buon diritto l’a. auspica un supplemento di indagine e di interpretazione rispetto alle motivazioni che portarono molte donne a varcare le soglie di queste istituzioni. Le domande poste all’ampio campione di fonti restano centrali: in che misura taluni comportamenti irregolari legittimavano i ricoveri? Quale il ruolo delle famiglie? Quale la relazione tra la definizione di precise classificazioni nosografiche e le dinamiche di reclusione?
Dal punto di vista sociale, si conferma la netta maggioranza degli uomini tra la popolazione internata rispetto alle donne. Il dato – che allontana l’Italia (soprattutto del Sud, Roma compresa) dalle coeve esperienze europee – si spiega con la maggiore attitudine delle famiglie a nascondere/gestire le figlie irregolari anche in ossequio alle regole tradizionali del patriarcato; più pubblica la vita degli uomini, altrettanto la gestione della loro eventuale malattia.
La famiglia, soprattutto con le minori, si conferma attiva, protettiva, ma anche pronta a chiedere il ricovero in nome di un onore e di un ordine morale da rispettare; in ogni caso pronta a mediare con la Direzione medica.
Per le ragazze, il comportamento morale resta il perno dell’azione di controllo socia- le: verso le diverse tipologie di «pericolanti» da un lato si poteva far ricorso alla malattia per contenere la responsabilità di una condotta scellerata, dall’altro l’istituzione chiedeva di ravvedersi, confermando l’intento di modellare nel profondo personalità nuove. Criminali e «tribadi» sono, infine, tra le tipologie più rappresentate all’interno delle mura manicomiali: qui l’antropologia criminale e lo sguardo giudicante e voyeuristico degli psichiatri giocheranno un ruolo cruciale.
Il testo si conclude con tre storie paradigmatiche; le fonti, in questo caso particolarmente generose, consentono all’a. di (ben) presentarle sul piano narrativo, lasciando al lettore molti spunti su cui riflettere.

Vinzia Fiorino