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MacGregor Knox – Hitler’s Italian allies. Royal armed forces, fascist regime, and the war of 1939-1943 – 2000

MacGregor Knox
Cambridge University Press, Cambridge

Anno di pubblicazione: 2000

Questo è un volume che il lettore italiano dovrebbe conoscere: una visione non nazionale e non edulcorata offre sempre motivo di riflessione. Forse, però, non sarà facile trovare un editore.
L’autore è già noto al pubblico italiano da quando, sorprendentemente, gli Editori Riuniti tradussero il suo Mussolini unleashed (1982, trad. it. 1984), una dura disanima dei due anni a cavallo dell’entrata in guerra, e gli studiosi ricordano la sua documentata critica di alcuni aspetti relativi alla politica estera e militare della biografia defeliciana. Questa che qui si segnala è una breve sintesi, analitica più che narrativa, di quelli che all’autore appaiono i caratteri fondamentali dello sforzo bellico fascista nel 1940-41. Uno dei molti meriti è una ripetuta comparazione, fra Italia e Germania, fra fascismo e nazismo. C’è anche del lavoro di ricerca originale e sorprende il controllo di praticamente tutta la storiografia italiana sul tema e il suo lucido utilizzo a sostegno delle tesi personali dell’autore.
Il volume esamina il rapporto fra società e politica, industria e governo nel regime fascista; la preparazione delle forze armate ad una guerra moderna (motorizzata, meccanizzata, di movimento, ecc.); la strategia, la tattica e i principi ispiratori delle operazioni militari italiane della guerra fascista. Tutto è scrutinato con severità e giudicato senza mezze parole. Di fronte alla relativizzazione delle responsabilità del regime fascista e all’auto-assoluzione circolanti ancora nella pubblicistica più corrente, le spietate definizioni di uno studioso non italiano meriterebbero di essere più conosciute nella penisola.
La tesi di fondo è che, pur bellicista all’estremo, il fascismo era incapace di mobilitare il Paese per la guerra, le sue forze armate non riuscivano a “pensare” la guerra moderna, gli italiani non credevano nella “nazione” (fra l’altro, anche per via del loro familismo amorale).
Il volume merita una discussione che qui non è possibile fare. Due osservazioni almeno sono però necessarie. La prima, paradossale, è che se il regime e il Paese avevano tutte queste tare che il volume ci descrive, la guerra avrebbe dovuto essere persa l’11 giugno 1940. Se ciò non è successo, si deve forse al fatto che – sia pure possedute in maniera speciale e paradigmatica dal fascismo – alcuni di questi problemi erano diffusi tra tutti i combattenti. La seconda, più seria e più grave, è che spiegare l’insuccesso militare italiano con alcuni caratteri “culturali” e “di fondo” di Mussolini, delle gerarchie militari e più in genere di tutti gli italiani rischia di assolvere il regime stesso: forse non a caso la prima frase del volume è “La sconfitta era inevitabile” (p. 1) e l’ultima è “Il carattere completamente indecoroso della sconfitta derivava da carenze sociali ed istituzionali assai più ampie del Fascismo stesso” (p. 177). Questo è un lavoro di sintesi, e alcuni schematismi sono comprensibili: ma si dovrebbe evitare che la critica a De Felice ci riporti di nuovo a De Felice.

Nicola Labanca