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Magda Martini – La cultura all’ombra del muro. Relazioni culturali tra Italia e DDR (1949-1989) – 2007

Magda Martini
Bologna, il Mulino, 463 pp., Euro 30,00

Anno di pubblicazione: 2007

Il volume di Magda Martini si prefigge un obiettivo ambizioso: mettere in discussione, contribuendo a smontarlo, un cliché storiografico diffusosi intorno alla Repubblica Democratica Tedesca (nell’acronimo tedesco DDR) come mondo introverso e fosco, dominato dalle reti di polizia. Per raggiungere il proprio scopo l’a. esamina un’ampia gamma di materiali, per lo più inediti, riconducibili alla proiezione esterna dell’«altra Germania» nei suoi rapporti con il mondo intellettuale italiano di orientamento comunista e, dal 1973, data dell’avvio dei rapporti diplomatici fra i due paesi, dei rapporti bilaterali italo-tedeschi. Negli anni ’50 e ’60 l’Italia costituì per la DDR l’oggetto di un interesse, non sempre corrisposto, originato dalla presenza di un forte partito comunista la cui simpatia ideologica per la DDR era motivata più dal comune discorso antifascista (cui si univa un giudizio negativo sullo sviluppo postbellico della Germania Occidentale) che dalla conoscenza della realtà tedesco-orientale. In assenza di qualunque iniziativa ufficiale italiana volta a stabilire rapporti culturali con la DDR, furono organizzazioni quali il Centro «Thomas Mann» di Roma o singole personalità quali il compositore Luigi Nono, il pittore Pietro Mucchi o – con maggiore indipendenza di giudizio – Lucio Lombardo Radice e Cesare Cases a svolgere il ruolo di mediatori culturali fra il PCI e gli apparati culturali della DDR. Dalla metà degli anni ’70, tuttavia, il fenomeno del dissenso e la progressiva disillusione nei confronti del socialismo reale di molti protagonisti della vicenda narrata portarono ad ulteriori conflitti e incomprensioni (esemplare il caso Biermann), esasperati dall’ipertrofia ideologica attraverso la quale la DDR leggeva tutta la storia e la cultura italiana.Data la scarsità di materiale d’archivio soprattutto di parte italiana (le fonti diplomatiche degli anni ’70 e ’80 sono inaccessibili, così come i rapporti degli organi di polizia relativi ai soggiorni dei cittadini tedesco-orientali nel nostro paese e ai loro contatti con personalità italiane), l’a. ha fatto largo uso di materiale archivistico in Germania, scandagliando in particolare gli apparati culturali del Partito comunista tedesco-orientale. Nonostante l’ammirevole sforzo di ricerca e una notevole capacità di rielaborazione narrativa del vasto materiale raccolto, il testo lascia nel lettore una sensazione di incompiutezza. Proprio le fonti citate dall’a. (tra le quali mancano proprio gli archivi, liberamente accessibili, della Stasi, che della politica culturale della DDR – anche in proiezione esterna – fu il vero gestore) confermano infatti, invece che smentire, l’immagine di soffocante oppressione intellettuale emanata dal regime di Berlino Est. Per tentare di dimostrare la tesi di partenza, sarebbe stato piuttosto utile non limitarsi alla cultura comunista e allargare lo sguardo a quella cattolica progressista (per esempio analizzando il caso dell’ex padre gesuita Alighiero Tondi, professore alla Pontificia Università Gregoriana che negli anni ’50 si trasferì a Berlino Est per insegnare filosofia all’Università Humboldt).

Stefano Bottoni