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Marcello Zane – Storia e memoria del personal computer. Il caso italiano, – 2008

Marcello Zane
Milano, Jaca Book, 295 pp., euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2008

Fare la storia di un prodotto industriale quale è il personal computer, un oggetto dagli infiniti possibili usi che, in parte, per diverso tempo sono rimasti sconosciuti, è affare complesso. Ben venga allora questo meritorio tentativo operato da Zane il cui saggio contiene una messe di informazioni, persino brani di documenti, che permettono una migliore comprensione del fenomeno della rapida diffusione, negli uffici e nelle case private, dei personal computer partendo dalla descrizione dell’esperienza italiana.Il libro si concentra sulla prima fase che precede l’arrivo di questi prodotti sul mercato e poi su quella dell’avvento dei personal computer nella prima metà degli anni ’80. La narrazione segue così le diverse tappe dell’evoluzione delle macchine calcolatrici, dai grandi mainframe fino ai mini sistemi, dalle schede perforate al batch computing, fino a giungere all’applicazione dei principi del time sharing computing, indispensabile premessa per l’affermazione della cosiddetta informatica distribuita, nella quale le risorse di calcolo sono a disposizione del singolo utente. Questo processo trova il suo punto di arrivo, appunto, nel personal computer che, nella sua prima incarnazione da tavolo, apre la strada agli sviluppi successivi nei quali all’utente sarà permesso prima di portarsi dietro in una borsa un microprocessore nella forma di un notebook, fino ai nostri giorni in cui i computer stanno anche in tasca come smartphone.L’a. non manca però di raccontare anche il modo in cui in Italia gli utenti hanno cercato di avvicinarsi a quei personal computer che l’industria cercava vendere loro. Nelle varie categorie di utenti, informatici professionali, lavoratori nelle imprese, appassionati, e poi, alla fine, i primi consumatori generici, emergono atteggiamenti che vanno dalla diffidenza, all’entusiasmo incondizionato di fronte alla percepita, profonda, modernità del prodotto, passando per il mero interesse come strumento di lavoro. Le varie fonti citate, soprattutto pubblicistica specializzata, ma anche quotidiani, messaggi pubblicitari, rapporti ufficiali, testimonianze di operatori del settore, lasciano pensare, come l’a. in più occasioni adombra, che nel paese non sia mai stato elaborato un pensiero specifico in grado di metabolizzare culturalmente la diffusione sempre più capillare dell’informatica nella società. Questa mancanza si è riflessa in una uguale assenza di un impegno statale nel settore nel quale la pubblica amministrazione non ha svolto un ruolo attivo di sostegno della domanda.Anche scontando l’obiettiva oscurità dei personal computer, della quale forse persino il saggio risente risultando proprio nella parte della storia ad esso dedicata meno incisivo e puntuale nelle considerazioni rispetto alla trattazione precedente, e la solita, ma meno plausibile negli anni ’80 del ’900, tara culturale italica nei confronti della tecnologia, le ragioni della lenta assimilazione dell’informatica nella nostra società non risultano ancora completamente chiarite. Imolti spunti che provengono dalla lettura del libro di Zane spingono ad allargare ed approfondire l’analisi storica verso ulteriori ambiti, tecnici e culturali.

Giuseppe Lauricella