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Il territorio come risorsa. Comunità, economie e istituzioni nei boschi abruzzesi (1806-1860) – 1999

Marco Armiero
Liguori, Napoli

Anno di pubblicazione: 1999

Con una scelta metodologica ben illustrata, l’a. guarda al bosco, ai boschi abruzzesi della prima metà dell’Ottocento, per ritrovare quel che – secondo i paradigmi analitici della storia ambientale – fa di un territorio una risorsa, ovvero una porzione di natura storicamente e socialmente contestualizzata e, in sostanza, un bene materiale che è, al tempo stesso, un manufatto sociale. Il contesto, a livello macroscopico, è quello della lunga transizione da un’economia comunitaria e di sussistenza ad un’economia privatistica e orientata al mercato, in un’area geografica doppiamente periferica, rispetto al regno borbonico non meno che alle dinamiche europee. Sorretta da una ricca documentazione archivistica e dalla pubblicistica coeva, l’analisi si avvicina da più lati al bosco, anzi ai boschi, realtà plurima e sfuggente, tanto sul piano della definizione ideale, quanto su quello dell’identificazione materiale, qualitativa e quantitativa. Realtà sfuggente, perché la sua interezza si sottraeva agli strumenti di conoscenza disponibili, ma anche perché la sua consistenza mutava con l’identità degli osservatori e, dunque, con la relazione che essi stabilivano con quell’ambiente naturale. Intorno e dentro il bosco si muovevano numerosi soggetti sociali e istituzionali: proprietari e comunalisti, pastori e carbonai, guardie forestali e selvicoltori, e quant’altri partecipavano alla valorizzazione di quella che si rivela risorsa centrale nell’economia locale. Dalla raccolta dei frutti all’integrazione con la pastorizia, dalla produzione di combustibile domestico a quella di carbone vegetale, dalla materia prima per l’artigianato e le manifatture locali, fino – più raramente – ai legnami pregiati per la cantieristica marinara, il bosco era fonte di molteplici risorse e si trovava al centro di un complesso intreccio e di un delicato equilibrio tra diverse modalità di appropriazione, nonché di relazioni sociali. Manufatto sociale, il bosco divenne oggetto di una pressione crescente, indotta – come ben dimostra l’a. – dal combinarsi della spinta al diboscamento e al dissodamento, alimentata dalla crescita demografica, con la competizione che il passaggio ad un’economia di mercato e la conseguente scarsità, assoluta o relativa, del legname aveva aperto tra proprietari privati e utenti comunalisti. I controlli legislativi e i precetti della nascente selvicoltura non bastarono a colmare lo iato tra l’orizzonte limitato in cui gli uni e gli altri si muovevano, da un lato, e, dall’altro, il più ampio contesto spaziale e temporale, oltreché tecnico e sociale, necessario ad assicurare un utilizzo non dissipativo delle risorse forestali ed evitarne il depauperamento e gli effetti destabilizzanti sull’assetto idrogeologico del territorio. Un’illustrazione, accurata e convincente, di come le trasformazioni ambientali siano sovente l’esito di plurime scelte e pratiche sociali, economiche, tecniche e culturali, collocate su scale temporali diverse e sovrapposte.

Simone Neri Serneri