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Marco Cavina – Nozze di sangue. Storia della violenza coniugale – 2011

Marco Cavina
Roma-Bari, Laterza, 256 pp., Euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2011

In anni di crescente violenza domestica che vede le donne vittime di mariti intolleranti nei confronti di abbandoni, separazioni e rotture, l’interrogazione storico-giuridica del modello culturale della potestà esercitata sulle mogli dai mariti intrapresa da Cavina si riveste di una sinistra attualità, alla quale l’a. non si sottrae, convinto che, sebbene la potestà maritale sia stata formalmente espulsa dall’Europa tra ‘800 e ‘900, «la violenza in famiglia si conserva oggi nella nostra società fra simulacri antichi e dinamiche nuove» (p. 210). Dal momento che nella storia culturale dell’ «immaginario patriarcale» in Occidente (p. XI) la potestà maritale si affianca a quella esercitata dall’uomo sui figli e sui servi come potestà punitiva a fini educativi, Nozze di sangue rappresenta lo sviluppo ideale dell’analisi già dedicata da Cavina alla patria potestà in Il padre spodestato. L’autorità paterna dall’antichità ad oggi (Roma-Bari, Laterza, 2007). Il libro ripercorre alcuni momenti fondamentali per il definirsi dell’impalcatura ideologico-normativa della potestà del marito sulla moglie, ne analizza le diverse influenze e le possibili disseminazioni nelle mentalità e nel tessuto sociale. In un’essenziale e sapiente rassegna, condotta con mano sicura e linguaggio pieno di attrattive, l’a. mostra i contenuti essenziali del modello di relazione tra marito e moglie, delineato in alcuni passi di Paolo di Tarso, accolto in seguito dalla letteratura giuridica tardomedievale, e conduce il lettore fino all’erosione e alla delegittimazione della liceità della violenza maritale e al successivo perseguimento nella seconda metà del ‘900. L’a. ripercorre le fonti dottrinali (nel diritto comune e nei diritti consuetudinari, nella canonistica, nella precettististica morale, nei manuali confessionali), si inoltra sul terreno letterario e attinge agli scenari processuali, laddove è possibile, grazie al rinnovato interesse mostrato dalla storia sociale per il matrimonio e i risvolti conflittuali nelle società d’antico regime. Quello qui descritto non è certo un quadro monocorde. Accanto ai capisaldi che fondano la legittimazione della correzione e della punizione, compaiono voci più critiche in merito alla sudditanza femminile e alla liceità della violenza coniugale, in un gioco continuo tra ricerca di moderazione, in cui si distinguono letterati rinascimentali, medici illuminati e giudici ecclesiastici, e conferma del diritto di correzione. L’analisi si estende allo ius in corpore, al dovere cioè di concedersi il proprio corpo reciprocamente tra moglie e marito, corollario del matrimonio che ha portato, col venir meno dell’idea di reciprocità, a disconoscere a lungo l’esistenza dello stupro coniugale. Lo ius in corporesopravvive all’estinzione della violenza correzionale e solo dal 1978 in alcune sentenze della Cassazione lo stupro viene considerato tale anche se compiuto dal marito. Una prima mappa dunque dello spettro delle concezioni e della riflessione giuridica su una relazione di primaria importanza nella storia culturale, com’è quella tra moglie e marito, e allo stesso tempo una geografia ancora troppo problematica delle diverse situazioni sociali.

Marina D’Amelia