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Marco Gervasoni – Storia dell’Italia degli anni ottanta. Quando eravamo moderni – 2010

Marco Gervasoni
Venezia, Marsilio, 253 pp., Euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2010

Dopo aver dedicato i suoi sforzi precedenti all’esperienza dei socialisti italiani nell’era Craxi e a una biografia politica di Mitterrand, Gervasoni ci presenta un affresco generale degli anni ’80 in Italia. Il «decennio della crisi», quello degli anni ’70, è stato oggetto di numerosi studi che ne hanno fornito periodizzazioni e interpretazioni. Ora, mentre progressivamente si vanno aprendo gli archivi, è venuto il turno degli anni ’80. L’a., pur senza utilizzare le fonti archivistiche disponibili, è fra i primi a salire su un produttivo treno di studi, tratteggiando quello che egli ci presenta come decennio della «modernità». La periodizzazione proposta è lineare solo a prima vista: dal 1981, con l’avanzata dei «colletti bianchi» nella marcia dei 40mila, al 1989, con la fine della guerra fredda e l’instabilità che questo evento genera nel sistema politico italiano. L’a. avverte però che «la grande trasformazione che aveva investito l’Occidente, e ancor più il nostro paese, si intensificò nei decenni successivi» (p. 18); sottolineatura che fa dubitare che si possa scrivere una storia degli anni ’80 senza includere pienamente nell’analisi il ventennio successivo. Il fuoco dello studio sono la politica, con il predominio dei socialisti di Craxi, unici interpreti dei nuovi bisogni e umori della classe media italiana, e la società, con la sparizione delle tradizionali divisioni in classe e l’emergere impetuoso dell’impulso edonistico a consumare e apparire. Un ruolo importante rivestono per l’a. i media e la comunicazione come nuovo invasivo potere in grado di condizionare la cultura e la politica ben oltre i codici linguistici.La tesi di fondo è che l’Italia si è agganciata al treno della modernità consumistica proprio negli anni ’80. Il sottotesto è che l’evoluzione della società sia stata in larga misura carica di nuovi stimoli, per molti versi positivi, che però i partiti di massa, con la possibile eccezione del Psi, non avrebbero saputo cogliere e governare. Il libro appare più una storia culturale e dell’immaginario mediatico e collettivo – come certamente negli intenti – che la storia della vita vissuta dagli italiani. A queste ricerche se ne dovranno utilmente affiancare altre che affrontino i temi dell’economia – con il dilagare della disoccupazione, l’esplodere del deficit pubblico e del debito pubblico come strumento di consenso -, dell’affinarsi del controllo mafioso nel Mezzogiorno e su settori portanti dell’economia, della corruzione endemica, dell’aumento del disagio sociale e della popolazione carceraria, del dispiegarsi del fenomeno dell’immigrazione con le sue ricadute sociali e politiche. Il filo di una narrazione scorrevole, a tratti avvincente nel rievocare cose e fatti familiari a chi ha vissuto il decennio, non è tenuto insieme da una chiarissima linea interpretativa che individui le cause interne o internazionali della trasformazione italiana nel decennio, nonché una possibile gerarchia fra tali cause. In questo l’a. sembra voler riprendere l’approccio postmoderno, ben descritto nel suo libro, secondo il quale la descrizione e il viaggio sono essi stessi la sostanza dell’esperienza conoscitiva.

Giuliano Garavini