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Marco Girardo – Sopravvissuti e dimenticati. Il dramma delle foibe e l’esodo dei giuliano-dalmati – 2006

Marco Girardo
Prefazione di Walter Veltroni, Paoline Editoriale, 156 pp., euro 11,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il volume di Girardo ha lo scopo di rinvigorire la memoria delle foibe e dell’esodo e di comunicare e analizzare la tragicità di questo doppio evento. Il registro quasi neutrale ed esterno dell’autore, come un lettore che si avvicina a una questione resa difficile da interpretazioni opposte ed inconciliabili calate politicamente sull’opinione pubblica, è alternato a parole forti per mettere in risalto un passaggio evidentemente drammatico di storia italiana. Ciò soprattutto quando ripercorre le tre esperienze dirette, racchiuse nei tre capitoli principali del testo in un’architettura non casuale: lo scampato agli infoibamenti Graziano Udovisi, il pittore e scrittore nell’esodo Piero Tarticchio e la studiosa slovena Nata?sa Nemec sulle tracce degli scomparsi negli eccidi nel Goriziano. Il lavoro di ricerca di Nemec è stato di identificare i dispersi e di seguirne le tracce, indipendentemente dalla loro nazionalità, e avrà per titolo Arresti, deportazioni, uccisioni e dispersi nella provincia di Gorizia nel secondo dopoguerra (p. 86). Evitare il termine foibe e concentrarsi in partenza sugli italiani come vittime privilegiate è anche un modo di evitare attacchi strumentali in Slovenia, paese in cui d’altra parte, rispetto alla Croazia, c’è stato un discreto impegno di ricerca su queste questioni. Impegno evidente già nel 1993 quando fu creata (con gli auspici dei rispettivi Ministeri degli Esteri) la Commissione storico-culturale italo-slovena, composta da personalità di meritata autorevolezza sulle questioni alto-adriatiche (Tomizza, Ara, Apih, Cattaruzza, Pupo, Salimbeni, Conetti, Pagnini e Toth, Gomba?c, Dolinar, Maru?si?c, Troha, Vovko, Vuga e Mlakar), i cui risultati non hanno avuto la diffusione che meritano e sono giustamente inseriti come appendice, assieme al testo della legge sull’istituzione del Giorno del ricordo. Girardo avrebbe potuto utilizzarli anche nel primo capitolo (Le terre contese), che purtroppo denota una conoscenza approssimativa delle questioni di cui scrive. Girardo evita proprio il confronto tra voci diverse su questioni dibattute (come il numero di infoibati e degli esuli o la loro non sempre chiara appartenenza etnica e nazionale), e sembra ignorare i fenomeni europei di violenza e di trasferimento indotto o forzato di popolazioni, come anche quelli di stratificazione nazionale in aree plurilingui (ma banalizza anche il discorso locale, con riferimenti alla colonizzazione mercantile di Venezia o alla politica preventivamente anti-italiana degli «insediamenti austro-ungarici», come se Venezia non avesse contribuito alla colonizzazione slava e gli Asburgo a quella italiana). Altri passaggi (alle pp. 13-14 e 18-19) indeboliscono il testo, ad esempio le presunte violenze tra italiani e slavi al tempo dell’Impero (quali?), la «persecuzione fascista»» delle minoranze che sembra essere stata fatta solo di atti legislativi (e senza il ricorso alla violenza e al Tribunale speciale), il non accenno alle migliaia di morti croati e sloveni nelle rappresaglie sui civili dal 1943, nei campi («di internamento») e nel campo di San Sabba («campo di detenzione», in cui però ammette che vennero uccisi migliaia di ebrei). Meglio Gianni Oliva (Milano, Mondadori, 2002).

Vanni D’Alessio