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Marco Mariano e Federica Pinelli – Europa e Stati Uniti secondo il New York Times. La corrispondenza estera di Anne O’Hare McCormick, 1920-1954, Torino, Otto Editore, pp. 344 – 2000

Marco Mariano e Federica Pinelli
al sito www.otto.to.it, L. 35.000; formato elettronico

Anno di pubblicazione: 2000

Anne O’Hare McCormick, corrispondente dall’Europa per il New York Times dal 1920 al 1954, fu la prima donna ad avere un incarico così delicato, fino ad allora considerato adatto solo al freddo raziocinio maschile. Fu anche la prima donna a entrare nel consiglio editoriale del quotidiano, a firmare una column fissa nella pagina dei commenti, a contribuire editoriali non firmati – e a vincere il premio Pulitzer per il giornalismo (1937). Il suo fu un punto di osservazione privilegiato sugli eventi euro-americani di un periodo drammatico. E i suoi articoli costituiscono la fonte principale di questa ricerca, condotta con perizia e con le competenze necessarie (che vanno dalla storia del giornalismo e delle donne negli Stati Uniti, alla storia d’Europa e delle relazioni internazionali) da due studiosi giovani ma non alla prima prova.
I motivi per leggere questo libro sono molteplici, data la vastità delle questioni che McCormick dovette coprire (dalla nascita dei fascismi all’instaurarsi della guerra fredda), il numero di personalità con cui entrò in contatto, l’autorevolezza e la passione con cui lo fece. Durante la seconda guerra mondiale, per esempio, si mosse con disinvoltura negli ambienti governativi alleati e fra quei rifugiati politici, da Jean Monnet a Luigi Sturzo, che contribuirono a disegnare la nuova Europa e poi a governarla. Ciò le fornì informazioni di prima mano su progetti, intenzioni, accordi, compromessi; e, più tardi, facile accesso ai governi europei e al Vaticano. (Qui si sente la mancanza di un indice dei nomi, necessario per “usare” con agilità un testo così fitto; certo, acquistando la versione elettronica si possono fare ricerche testuali di ogni tipo).
Due percorsi di lettura mi hanno particolarmente interessato. Il primo getta uno sguardo dall’interno sul giornalismo statunitense più established, nel quale la familiarità di cronisti e editorialisti con le stanze del potere si traduce in una collaborazione che nega qualsiasi deontologia professionale. McCormick era parte delle élite per le quali scriveva; commentava il policy making e contribuiva a formularlo; intervistava Roosevelt o Mussolini e faceva loro da consulente, rispettivamente, sulla situazione europea o americana. Il secondo percorso rintraccia gli elementi di una “visione” politica che, variamente combinati, erano tuttche inusuali negli Stati Uniti di allora. In McCormick si intrecciavano simpatie per il fascismo e per altre dittature europee (anche dopo il 1945, in Spagna e Portogallo), appoggio al New Deal, sintonia con la dottrina sociale della chiesa cattolica, e anti-comunismo. Al comunismo non rimproverava gli aspetti dittatoriali ma quelli sociali, di sovvertimento di un ordine tradizionale. Fascismo, newdealismo e cattolicesimo sociale erano per lei risposte, differenziate a seconda dei paesi, a questo sovvertimento.

Arnaldo Testi