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Marco Minardi – La fatica delle donne. Storie di mondine – 2003

Marco Minardi
Parma, SPI-CGIL, pp. 101, s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2003

Le voci delle mondine intervistate da Marco Minardi compongono un vero e proprio ritratto corale del lavoro e della vita in risaia nei primi anni del secondo dopoguerra. Il materiale è organizzato in cinque brevi capitoli, ciascuno focalizzato su uno specifico aspetto dell’esperienza della monda, seguiti da un’appendice fotografica. L’autore ? che ha già pubblicato altri studi che hanno per oggetto il lavoro e il sindacato, tra i più recenti La Camera del Lavoro di Fidenza nel centenario della fondazione, Fidenza, 1997; Sindacato società e conflitto in Emilia-Romagna, Parma, 2000 ? nel primo capitolo dà alcuni rapidi cenni sulla risicoltura e sul lavoro di monda tra fine Ottocento e la prima metà del XX secolo, ma lascia che nei capitoli seguenti siano le donne a raccontare di se stesse.
Le testimonianze sono tutte di donne parmensi che, tra il 1945 e il 1953, hanno lavorato per uno o più anni nelle risaie della Lombardia e del Piemonte. Si tratta dunque di lavoratrici ?forestiere?, per le quali la monda del riso ha costituito un’esperienza dalle caratteristiche ben più significative rispetto a quelle vissute dalle lavoratrici ?locali?. Sono infatti proprio gli eventi connessi alla vita comunitaria, tra donne di età diverse e di località diverse (i lunghi viaggi in treno, i grandi dormitori affollati di letti, i balli nell’aia), quelli attraverso cui si tende ad identificare il mestiere di mondina e quelli che hanno condotto alla costruzione di uno stereotipo che raffigura le mondine come giovani, belle e sensuali, sfruttate e combattive.
Il pregio maggiore di questo volume sta proprio nella possibilità che ci offre di verificare ? al confronto con il modello stereotipato ? cosa le protagoniste di questa esperienza riconoscano come facente parte della loro esperienza, cosa tendono ad omettere, o negare. Minardi ha scelto di distribuire alle donne un questionario che ponesse ?in evidenza l’aspetto esistenziale e soggettivo che ha accompagnato l’esperienza in risaia, piuttosto che l’aspetto collettivo e politico-sindacale che nel vissuto delle donne intervistate risulta avere una rilevanza minore? (p. 7). Non era una scelta scontata. Infatti, in altre occasioni le mondine sono state invitate a testimoniare soprattutto su quanto era attinente la militanza e la combattività quasi a voler trovare conferma nelle loro parole di un dato che tutti consideriamo imprescindibile per le donne impiegate in quel ruolo. In questo caso emerge la soggettività delle donne e sono loro a scegliere la gerarchia di importanza dei loro ricordi, tra i quali appare centrale la dimensione di vita collettiva e l’esperienza di crescita che lo scambio tra donne di generazioni differenti ha consentito. Ma soprattutto, e mi pare sia importante sottolinearlo, emerge l’eterogeneità delle modalità attraverso cui le mondine hanno vissuto la medesima esperienza (fatica vs forza; libertà di costumi vs morigeratezza; solidarietà vs contrasti), che funge da vera e propria cartina di tornasole rispetto ad uno stereotipo fin troppo rigido col quale di consueto le si raffigura.

Barbara Imbergamo